di Carlo Triarico
Una polemica fuorviante vuol spostare in Italia l’attenzione dalla capacità che può avere l’agricoltura di salvare il futuro del pianeta dai cambiamenti climatici. Gli avversari dell’agricoltura biologica e biodinamica fanno notare che, a causa di una più bassa resa produttiva per ettaro, l’agricoltura bio dovrebbe richiedere più suolo e dunque deforestare quello che resta dei polmoni verdi.
Questa affermazione, una delle varie con cui colpiscono i nostri agricoltori, è la manifestazione di una posizione ideologica riduzionistica, tanto quanto i metodi agricoli consumistici cui i detrattori si appellano. I fatti dicono altro. A deforestare sono oggi le produzioni delle commodity, delle materie prime per le multinazionali agroalimentari o delle energie. Dove invece l’agricoltura biodinamica arriva, salva dalla desertificazione, aumenta la sostanza organica e la quantità di humus vivente nel suolo. Non solo sequestra il carbonio e trattiene acqua, ma anche crea microclimi sani. L’agricoltura iperindustriale delle commodity brucia invece i suoli e ha desertificato e rende incoltivabile sempre più suolo agricolo.
Tutti gli attacchi al biologico e biodinamico cui assistiamo, sono una campagna anche contro le scelte europee e dell’ONU che andranno prese, un attacco contro quei giovani che il 15 marzo chiamano le coscienze.
Già durante la giornata per il clima di Cop 23 a Bonn, il ministro dell’Agricoltura tedesco Christian Schmidt aveva rimarcato il ruolo centrale che l’Agricoltura potrebbe giocare per un buon bilancio delle emissioni, ruolo che diviene decisivo davanti ai limiti del regolamento scaturito da Cop 24. I suoli agricoli biodinamici sono in grado di assorbire e trattenere in modo naturale una grande quantità di carbonio, favorire i cicli virtuosi delle sostanze, prevenire la desertificazione e regolare il clima anche in sede locale. Per questo la Commissione europea sta elaborando le applicazioni del “Quadro 2030 per le politiche dell’energia e del climaâ€, con riguardo ai suoli agricoli e forestali e in Italia oltre il 40% dei fondi destinati alle politiche di sviluppo 2014 – 2020 (21 miliardi tra fondi UE e cofinanziamento nazionale) hanno riguardato, con diversi effetti, le due focus area del FEASR sui cambiamenti climatico ambientali. Sappiate che di questo si parla, anche, quando si vuol fermare l’agricoltura biodinamica.
Anche la banca mondiale ha deciso di sostenere con importanti stanziamenti forme di agricoltura intelligente rispetto ai cambiamenti climatici. Non ha però individuato con rigore i modelli agricoli, col rischio di sostenere ancora forme di agricoltura basate sull’energia fossile. E qui si insinua chi vuol colpire le agricolture contadine. Come abbiamo diffuso attraverso il nostro 35° Convegno, tenutosi a novembre al Politecnico di Milano, la FAO, l’organismo dell’ONU per la nutrizione, si sta muovendo in modo più mirato. Sostiene precisi progetti locali anche in agricoltura biodinamica e già nel 2015 ha prodotto il documento “I suoli permettono di contrastare i cambiamenti climaticiâ€, individuando nell’agroeologia, nell’agricoltura biologica e biodinamica, nell’agricoltura di conservazione e nell’agroselvicoltura le formule migliori per contrastare il riscaldamento globale e resistere agli effetti dei cambiamenti climatici.
Buon lavoro, allora. Sappiamo che quando coltiviamo, quando sosteniamo gli agricoltori biodinamici e l’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, facciamo un passo verso un buon futuro per tutti, anche per chi oggi vorrebbe fermarci.