Giovedì 8 aprile, presso l’Ufficio di Presidenza Commissione Agricoltura e produzione agroalimentare si è tenuta una audizione in videoconferenza di Carlo Triarico, presidente dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica. Il tema era relativo alle problematiche riguardanti aspetti di mercato e tossicologici della filiera del grano duro, un argomento molto delicato che la Commissione sta affrontando da più di un anno.
Triarico esordisce dichiarando che la questione sulla filiera del grano duro in Italia ha un carattere di esemplarità rispetto a tutto il modello agroalimentare italiano. A livello macroeconomico questa filiera si trova a dover reperire una ingente quantità di materia prima per soddisfare la crescente domanda di pasta sia domestica che estera e il settore del biologico e del biodinamico, nonostante le sue peculiarità , deve affrontare le stesse esigenze di mercato che toccano le produzioni convenzionali.
Triarico ricorda ai senatori che, stando ai dati dell’indagine Nielsen sul 2020, il biologico ha visto un aumento dell’8% delle esportazioni rispetto all’anno precedente e che, secondo indagini interne, il settore biodinamico ha registrato un +9% nel mercato interno e un +14% nelle esportazioni verso i mercati più ricchi che, per la loro natura, remunerano adeguatamente il prodotto. I biodinamici hanno quindi un fatturato medio per ettaro molto superiore alla media, più di 13 mila euro contro i 2/3 mila euro di quello convenzionale. L’Italia è il primo paese al mondo per esportazioni di biologico e di biodinamico e lo è anche il segmento relativo alla pasta di grano duro. Le rese per la produzione di grano duro del biologico, circa 24 quintali l’ettaro, sono inferiori rispetto alla media nazionale, pari a circa 28 quintali ettaro. «Questo dato però va rivisto in base alle capacità innovative del Paese. Abbiamo un credito di ricerca, formazione e innovazione nel settore del biologico e del biodinamico che, se fosse sanato, cambierebbe le condizioni sulle rese delle produzioni» afferma Triarico.
Il ricorso all’importazione dall’estero di grano duro per far fronte alla domanda di materia prima induce a una volatilità di prezzi che non favorisce i produttori né i cittadini. «Oggi i prezzi sono ancora troppo bassi e non garantiscono la tenuta delle produzioni perché la filiera del valore non porta ai produttori la dovuta remunerazione» dichiara Triarico. Noi riteniamo importante che la CUN, la Commissione Unica Nazionale recentemente istituita, inserisca il grano bio tra i prodotti da quotare».
Triarico parla delle truffe e dei pericoli tossicologici nella filiera del grano duro dovuti a un prezzo che arriva anche a meno di 300 euro al quintale. Significativo il caso del Canada che riesce ad esportare a prezzi anche più bassi con una qualità del prodotto molto inferiore. «I Canadesi classificano il grano duro secondo 5 livelli e sono quelli al gradino più basso che vengono esportati e che arrivano nel nostro paese facendo concorrenza ai produttori italiani che, nel bio, hanno sostenuto investimenti per produrre un grano di qualità e per ridurre l’impatto ambientale delle produzioni». Secondo il presidente dell’Associazione biodinamica il giusto prezzo e le truffe vanno di pari passo. Per esempio, nel grano scadente canadese è alto il pericolo della presenza di veleni come il glifosato e il don, con il rischio di assunzione di tossine e residui che si amplifica se consideriamo l’ingente consumo di pasta degli italiani. «Ritengo che per il grano duro biologico e biodinamico non sarebbe necessaria l’importazione di prodotto dall’estero ma sicuramente è necessario gestire l’import per tutti quei prodotti per i quali l’Italia non è vocata, evitando triangolazioni che alterano il mercato e smascherando le false certificazioni».
Per il biologico in particolare la nuova normativa prevede che sia riconosciuta la certificazione bio dei prodotti provenienti dall’estero a cui sono state applicate le stesse regole vigenti nel paese importatore, modificando di fatto la situazione attuale in cui bastano degli accordi bilaterali tra paesi per accettare le certificazioni anche se fatte con regole molto diverse. «In Italia abbiamo regole per la certificazione molto più stringenti rispetto agli altri paesi, come per esempio la contaminazione accidentale che declassa le produzioni. È quindi quanto mai urgente l’approvazione della Legge sull’agricoltura biologica e che il Recovery Plan italiano, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, includa all’interno delle azioni per la sostenibilità in agricoltura l’agricoltura biologica e biodinamica». E conclude «Gli agricoltori biodinamici aumentano anno dopo anno, ma credo che si debba pensare anche a tutti quegli agricoltori più deboli per i quali la transizione verso l’agroecologia può rappresentare la strada da percorrere per qualificare l’intero settore agroalimentare italiano».
A questo link è possibile vedere il video integrale dell’audizione