Jean Michel Florin, a capo della Sezione Agricoltura del Goetheanum, in un articolo apparso nella rivista Das Goetheanum di Giugno 2020, affronta il tema più che mai attuale di come il nostro comportamento si rifletta sull’ecosistema.
Traduzione a cura di Angelo Bertea, con l’autorizzazione dell’autore.
Questa crisi, che ora, nell’attenzione generale, ha preso il posto della crisi climatica e di quella ambientale, mostra in modo impressionante molti punti deboli del nostro stile di vita moderno: ecologico, economico, politico, finanziario, sociale e anche spirituale.
Un aspetto di questa crisi è il nostro rapporto con la natura, che è ancora oggi ampiamente manifesto nella distruzione di spazi e esseri viventi. In molti articoli diversi autori si appellano per una nuova riformulazione del nostro rapporto con la natura e la terra. Voglio ora far luce su alcuni aspetti dal punto di vista agricolo.
Per gli agricoltori, cosi come per gli ecologisti, la pandemia COVID 19 non arriva inaspettata. Da piu’ di 20 anni c’è, quasi ogni anno, una nuova malattia tra gli animali da allevamento: influenza aviaria, quella dei maiali (entrambi, come il Covid 19, sono saltate sull’uomo), la febbre catharalle nelle pecore, etc. Quasi ogni tipo di animale è stato colpito da una di queste epidemie. Anche nelle piante coltivate si moltiplicano negli ultimi tempi malattie da virus, batteri e da funghi, soprattutto sulla scia dl riscaldamento globale: ad esempio la xilella, che in sud Italia ha ucciso migliaia di vecchi olivi in poco tempo. Qualcosa sembra sfuggire di mano rispetto alla salute degli esseri della natura, mostra un generale indebolimento degli esseri viventi, anche dell’uomo, causato soprattutto dall’inquinamento ambientale. Allo stesso tempo aumenta il tasso delle epidemie e la loro virulenza. Tra il 1940 e il 2000, il numero delle malattie infettive è quadruplicato. Questo mostra quanto è urgente la necessità di una nuova comprensione del vivente e di un nuovo comportamento nei suoi confronti. Si cercherà probabilmente invano la vera origine dall’attuale pandemia COVID 19: attualmente esistono molteplici ipotesi, spesso sono uno specchio del nostro proprio modo di vedere il mondo.
LA PAURA DELLA NATURA
Alcuni esperti che il virus da un pipistrello, tramite un pangolino(?), sia arrivato ai commercianti e clienti di un mercato di Wuhan, dove molti animali selvatici o d’allevamento, sono venduti vivi. Questa opinione segue la rappresentazione di una natura pericolosa, e delle dubbiose abitudini alimentari cinesi. Già per l’influenza aviaria ci furono simili ipotesi, cioè a dire, che è colpa degli animali selvatici: molti rapporti affermavano che proveniva dall’Asia portata da uccelli migratori. Questo punto di vista è improbabile dato che gli uccelli migratori vanno da nord verso sud, mentre l’aviaria si è diffusa da est verso ovest. In realtà una grande parte della popolazione ha una indefinita (irrazionale) paura della natura selvaggia. Questa paura porta ad agire per limitare, controllare, o addirittura sterminare la natura: lo constato quotidianamente come vero questo atteggiamento, per lo piu’ inconscio, nella mia zona, un villaggio in Francia. Tutte le “erbacce†sono eliminate, i prati tagliati anche quando non ha senso, le more selvatiche costantemente estirpate. Nel suo libro “La paura della naturaâ€, François Terrasson descrive questa paura ancestrale, e conclude che dovremmo integrare in noi anche l’altro suo lato, opposto ma positivo: l’amore per la natura.
Cosi visto il virus è parte di una pericolosa natura esterna, che, come altri parassiti (insetti, batteri, erbacce. etc.) sono da sterminare –una specie di guerra che l’agricoltura industriale efficacemente controlla. Il presidente francese Macron ha chiamato la popolazione ad affrontare una guerra: come possiamo creare le condizioni in modo tale che noi esseri umani, e in particolare i nostri bambini, possiamo superare questa paura della natura, che spesso ci porta ad avere un atteggiamento bellicoso?
SE UNA FERITA NON GUARISCE
Se si esamina ulteriormente l’ipotesi “pipistrelloâ€, si arriva ad interessanti relazioni. Uno studio del 2010 già mostrava che la riduzione di biodiversità viene accompagnata da un aumento delle malattie infettive: la riduzione della biodiversità è sempre legata con la distruzione dei biotopi. Come risultato di questa distruzione, le restanti specie animali si avvicinano agli insediamenti abitati e quindi all’uomo. L’esempio della borreliosi, che è saltata fuori negli USA, ci aiuta a meglio capire questa realtà .
Questa malattia appare negli anni ’80 nella città di Lyme, nel Connecticut, si espande velocemente negli USA, ed è da piu’ di 30 anni presente anche in Europa. Secondo gli studiosi di ecologia, la borreliosi si è velocemente diffusa in Nord America nell’ultimo secolo, in relazione con il forte sviluppo del suo ospite, la zecca.
Con la colonizzazione del Nord America, l’est del paese fu intensamente disboscato per produrre carbone per l’industria e sviluppare l’agricoltura. All’inizio del 1800 non c’erano quasi più alberi né boschi in questa regione. Nei boschi prima vivevano i cervi, e i loro predatori (cojote, puma, e altri); senza più boschi ci furono molti meno cervi e i predatori furono uccisi dai cacciatori. Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo sia l’industria che l’agricoltura abbandonarono la regione: i boschi rimasti furono messi sotto protezione e si espansero di nuovo. I cervi, e le zecche (che vivono su cervi e caprioli), tornarono a popolare queste zone, ma i cervi, senza più la presenza dei predatori, si svilupparono senza freni. Gli opossum, che prima mangiavano le zecche su diversi animali, furono anche loro sterminati, e il loro posto nella catena alimentare, preso dai topi, che pero non possono ridurre il numero delle zecche. L’uomo ha poi cominciato a costruire case in queste campagne, venendo in un sempre più vicino contatto con gli animali selvatici, e anche con le loro zecche e il batterio della borreliosi. Il microbiologo Norbert Gualde descrive la situazione come segue: c’è stata la distruzione di uno spazio di vita, l’habitat può poi ricostruirsi, ma la cicatrice non è completamente guarita, rimane aperta e si infetta (suppurazione).
Questa descrizione possiamo ancora applicarla così: in realtà tutti gli esseri viventi, anche i microrganismi, sono parte (o “celluleâ€) di più grandi organismi: dell’organismo “paesaggioâ€, esso stesso parte, organo, dell’organismo della Terra. Quando quest’ultimo subisce grosse ferite, o addirittura completamente distrutto, vengono distrutti anche complessi cicli naturali tra il terreno, le piante e gli animali: i microrganismi (batteri, virus, malattie fungine, etc.) possono svilupparsi senza freni (processo di suppurazione), e diventano “dannosiâ€, perché non sono più legati ad un organismo di livello superiore.
Così si pone un’altra domanda: come possiamo formare e curare un organismo di paesaggio, così che batteri, virus, malattie fungine, etc. siano legati in cicli naturali tali da renderli meno dannosi?
Un’altra ipotesi sull’insorgenza del COVID 19, è quella che potrebbe provenire dagli allevamenti intensivi presenti in Cina. Infatti l’allevamento di enormi masse di animali, in luoghi sterili, ha aumentato notevolmente la sensibilità di questi animali per virus e batteri; proprio per questa ragione questi animali cosi sfruttati ricevono antibiotici in massa per prevenire qualsiasi malattia batterica. Questo, d’altra parte, favorisce lo sviluppo di batteri multi-resistenti, che in Germania causa ogni anno migliaia di morti. Sfortunatamente questo fatto non viene preso altrettanto seriamente come il COVID 19! L’agricoltura industrializzata preme in ogni parte del mondo per lo sviluppo di mono-colture (cereali, caffè, kakao, etc). Il biologo François Moutou descrive come questo tipo di agricoltura crea un mondo per la diffusione di germi patogeni. “In un prato dove crescono un centinaio di piante diverse, un virus può andare perso, ma in un campo di mais di 10 ettari, se si collega con le cellule della pianta, può diffondersi senza ostacoliâ€.
Qui incontriamo davvero un altro aspetto dei su citati problemi: negli allevamenti intensivi cosi come nelle mono-colture, animali e piante sono prodotti come in una fabbrica, totalmente isolati dal loro organismo paesaggistico naturale.
Ci sono ulteriori ipotesi, come quella del premio Nobel Luc Montagnier, secondo il quale il virus potrebbe provenire da una prova con il virus dell’AIDS, dal laboratorio P4 in Wuhan. Queste ipotesi sono particolarmente apprezzate dalle persone che condividono l’immagine di una cattiva “Big Pharmaâ€, che fa esperimenti con gli elementi della natura.
Devo ammettere che non so quale di queste ipotesi si possa applicare al COVID 19, però ognuna di queste corrisponde con alcune epidemie del passato. Pertanto, al fine di prevenire tali epidemie, è necessario preparare un futuro che possa gradualmente superare tali situazioni. L’agricoltura biodinamica, cosi come l’approccio agro-ecologico, aprono per questo interessanti prospettive, che voglio ora brevemente illustrare.
DALLA GUERRA ALL’INTEGRAZIONE
Come possiamo sviluppare un nuovo atteggiamento nei confronti della Natura, invece di avere paura di ciò che spesso vediamo come qualcosa al di fuori di noi? Questo significa né avere paura della natura e dominarla ovunque tecnologicamente, né volerla rinchiudere e proteggerla in Riserve senza farne parte. Come si può superare la dualità tra uomo e natura?
Prima di tutto ognuno di noi deve riconoscere che egli stesso, nella sua fisicità , è anche Natura. Noi siamo ancora abituati a differenziare facilmente tra Natura e Cultura, ma come molto bene ci dimostra l’antropologo Philippe Descola,, queste due categorie non sono né antiche né universali: hanno avuto origine in Europa nel periodo dell’Illuminismo.
Ci sono altre visioni del mondo, che guardano alla Terra come ad un essere vivente, una Madre, e l’umanità come suoi fratelli e sorelle. L’approccio antroposofico differenzia questa visione, mostrando che ogni essere (pianta, animale o essere umano) si trova diversamente nel mondo. Lo Spirito nelle piante si incarna (si manifesta?) nella metamorfosi dei suoi organi nel tempo, negli animali nella perfezione della specializzazione dei suoi organi. L’uomo, che è l’essere meno specializzato, ha la possibilità di disporre liberamente di una parte delle sue forze spirituali e creatrici: gli danno l’opportunità di lavorare attivamente con gli altri regni della natura, di progettare e di portare cose nuove nel mondo. Questa visione, per cui ogni regno naturale ha un compito particolare nell’insieme della Natura, è uno dei fondamenti dell’agricoltura biodinamica.
La storia dell’agricoltura ci mostra come l’uomo, da molto tempo ormai, ha formato e curato la natura della Terra. La nostra immagine romantica della natura primordiale da un lato, e della natura dominata dall’uomo dall’altro, è sbagliata. L’umanità ha partecipato alla costruzione di quasi tutti i paesaggi della Terra, qualche volta con un atteggiamento più comprensivo, altre volte con uno più dominante. Nell’agricoltura biodinamica viene ricercato un atteggiamento di integrazione: questo significa che nell’azienda agricola, costruita, modellata come un “organismo superioreâ€, tutti gli esseri viventi sono i benvenuti, ogni pianta, ogni animale dovrebbe poter crescere e/o vivere nella propria stimolante atmosfera. Ogni essere della Natura , pianta o animale che sia, non può esistere da solo: è sempre parte di un più grande “insieme†che deve essere preservato e modellato. Gli animali e le piante sono due esseri complementari, e anche i microrganismi, che abitano simbioticamente ogni essere superiore, appartengono a loro. Ed è così, quando le piante, per esempio, non “trovano†l’animale, si sviluppano e prosperano di meno.
L’ideale di un Organismo agricolo è una unità altamente differenziata al suo interno. Questo Organismo è una grossa sfida, ma anche un appassionante via di innovazione – in particolare per gli agricoltori che vogliono convertire una monocoltura nel metodo biodinamico, come oggi, per esempio, molti viticoltori e frutticoltori. Gli agricoltori mantengono o addirittura creano, se non esistono, degli habitat appropriati per ogni gruppo di animali, come uccelli o particolari animali selvatici.
In relazione ai microrganismi Rudolf Steiner ci dice che esiste una relazione tra le malattie fungine e altri microrganismi, da un lato, e zone e prati umidi dall’altro. Ecco perché questi elementi del paesaggio sono importanti in un’azienda agricola, affinché i microrganismi, i batteri e i funghi che causano malattie, possano avere un loro posto. Un modo di vedere integrativo! Di solito si tenta di distruggere tutti i virus, i batteri e così via: ci si può domandare se non c’è una relazione tra la distruzione in Europa di quasi il 90% dei biotopi umidi, e l’incremento delle malattie fungine e delle varie malattie infettive. Il principio per cui ogni essere vivente deve avere un suo spazio, aumenta la diversità della vita, e promuove la costituzione di “intime relazioni†di vita tra i diversi esseri. Questo atteggiamento è molto difficile da far accettare agli agricoltori che iniziano la conversione al metodo biodinamico. “Nella mia azienda devo dare spazio a funghi, batteri e ad altri microrganismi, quando prima, nel convenzionale ho penato per liberarmene usando molti veleni (fungicidi, pesticidi e antibiotici)?†Altrettanto importante è il cambiamento radicale dell’atteggiamento da avere nei confronti della Natura: per raggiungerlo dobbiamo interessarci di tutti questi esseri. Passo da un “atteggiamento di guerra diffusa†ad un “atteggiamento di benvenutoâ€: tutti gli esseri hanno il permesso di avere un posto nella mia azienda! Questa intenzione crea un’altra atmosfera nell’azienda, che viene direttamente percepita, notata sul piano animico: “Mi sento bene quiâ€, dicono i visitatori, senza poter osservare esattamente da dove questo sentimento proviene. In un suo contributo il dott. Thomas Hardmuth spiega come i virus vivono a livello dell’anima come esseri atmosferici: l’aver paura favorisce i virus e contemporaneamente indebolisce le nostre difese immunitarie. Al contrario, un atteggiamento “integrativo†nei confronti della Natura, e la creazione concreta di una “atmosfera astrale†positiva, potrebbero contribuire molto alla prevenzione dei virus “cattiviâ€.
PROGETTARE IL PAESAGGIO
Sulla base di questo principio, il paesaggio viene ad essere progettato differentemente: invece di una separazione tra le superfici produttive e le aree naturali protette, il paesaggio viene strutturato e suddiviso in modo che la Natura (nel senso di locale sviluppo spontaneo) e la Cultura (nel senso di interventi dell’uomo) si interpenetrano reciprocamente. Questo è ciò che ogni agricoltore biodinamico prova di realizzare nel proprio organismo aziendale, coltivando insieme piante e animali, in modo che sviluppino il loro potenziale –cioè produrre cibo- e poter vivere in dignità : insieme con la Terra dovrebbero creare un circolo che sviluppa la fertilità .
Un ulteriore principio essenziale della progettazione, è la cura delle zone intermedie (o della loro creazione, se mancano). Questi biotopi (siepi, bordure di boschi, fossi, etc.) offrono la più alta biodiversità , e giocano un simile ruolo a quello che svolge la membrana cellulare nel nostro corpo. Sono organi di percezione e di collegamento tra i diversi elementi del paesaggio: così, passo dopo passo, l’azienda agricola viene formata come un Organismo resiliente.
PERCEPIRE E AGIRE IN MODO PERIFERICO-ATMOSFERICO
C’è ancora un ulteriore aspetto da considerare. Le ultime grandi crisi, il cambiamento climatico con il riscaldamento terrestre e l’inquinamento dell’aria, così come il Covid 19, hanno qualcosa in comune: non appaiono centrati-puntiformi, ma provengono “atmosfericamente†dall’ambiente. Fisiologicamente riguardano i nostri organi del respiro, che ritmicamente ci collegano al mondo: per questo sono anche una sfida al nostro modo di pensare “causaleâ€, che mette sempre in una linea causa ed effetto. Possiamo pensare e agire in modo “ritmico e atmosferico?â€
Agli inizi del XX secolo R. Steiner ha parlato dell’Io periferico, con la citazione: “L’Io dell’uomo vive nella legge delle coseâ€. Cosa significa in concreto per il lavoro biodinamico? Posso sperimentare il mio Io un po’ meno centrato, e un po’ più periferico, e di conseguenza agire?
Ora un aneddoto personale. Un po’ di tempo fa ho visitato un viticoltore in Corsica che voleva convertire l’azienda in biodinamica. Egli mi raccontò della sua grande sorpresa quando vide che il consulente biodinamico, invece di guardare concretamente al terreno e alle piante e di porre domande, silenziosamente cominciò a camminare nei campi. Solo dopo il viticoltore comprese che il consulente voleva percepire l’atmosfera del posto. Rispetto al vedere, l’odorare è un senso atmosferico per eccellenza, che percepisce analiticamente e più focalizzato. Pratichiamo e rafforziamo la percezione delle atmosfere, oppure odoriamole!
In questo modo possiamo meglio comprendere i preparati 500 e 501, che in piccle dosi vengono dinamizzati in acqua e distribuiti al terreno o nell’aria: sono preparati “atmosfericiâ€, che agiscono perifericamente –ma possiamo anche dire etericamente. Per questo qualche agricoltore, all’inizio della conversione, è deluso, perché si aspetta un immediato e visibile effetto: devono apprendere a percepire atmosfericamente. Può anche essere che l’effetto si manifesta prima nella percezione della qualità del prodotto. Un sommelier una volta ha scritto a proposito dei vini biodinamici: “Hanno qualcosa di particolare. Di strano, mi danno emozioni!†Così, nell’agricoltura biodinamica, da tanto tempo lavoriamo “perifericamenteâ€, spesso senza averne veramente coscienza.
Con questo veniamo ad un principio della biodinamica: l’uso dei preparati biodinamici, con le giuste azioni adatte localmente, promuovono in modo olistico la salute e la resilienza delle piante, rendendo più forte il loro collegamento con il luogo di crescita (terra e cosmo) e con la loro identità (tipo). Queste piante sono la base della salute degli animali e dell’azienda. Ci sono persone che notano come un’azienda biodinamica costruisce una unità , un insieme: la propria resilienza –l’atmosfera- è migliore, la salute cresce e anche la capacità di riprendersi dopo una tempesta. Un’attuale studio mostra come uve biodinamiche hanno una migliore resistenza all’oidio delle uve convenzionali.
Queste applicazioni sono esempi di ulteriori sviluppi che le sfide del tempo ci stanno chiedendo: come possono questi principi “atmosfericiâ€, essere ancor più applicati, in armonia con la Natura, per curare il nostro paesaggio, “il volto della Terraâ€? Un recupero olistico dei nostri organismi paesaggistici darebbe un grosso contributo per superare le diverse crisi ambientali e sanitarie del nostro tempo.