di Carlo Triarico
L’idea mi è venuta il 5 maggio, mentre ascoltavo gli interventi della bella giornata sull’arte dell’agricoltura alla Triennale di Milano, voluta da Giulia Maria Mozzoni Crespi. C’era stato un tacito convenire dei relatori sul non citare mai la biodinamica. Solo l’organizzatrice ha avuto il coraggio di stigmatizzare le scelte di politica culturale dell’Ateneo milanese per il suo veto alla biodinamica.
Anche io non accetto questo veto oscurantista. Non lo accetto soprattutto da chi è scienziato.
La biodinamica sta facendo dei miracoli. Migliora i suoli e ottiene buoni prodotti. I vini biodinamici, che hanno avuto la possibilità di salire alla ribalta, sono da molti considerati i migliori al mondo. E si vendono. Gli agricoltori italiani sono stati bravissimi e abbiamo realtà di cui essere orgogliosi. Ma le poche ricerche che si fanno in Italia sono ancora marginali, non applicative e avvengono prevalentemente a spese del movimento biodinamico. Gli agricoltori hanno bisogno di collaborare con gli scienziati, invece sono stati lasciati soli.
So anche perché siamo rimossi dalla ricerca per bene: il paradigma scientifico introdotto da Steiner, l’epistemologia goethianistica, è una novità ignorata. Cosa non si riconosce? Una scienza del vivente che faccia a meno delle categorie kantiane di spazio, tempo e causalità , per essere fenomenologica; che non sia soggetta al dominio dei sensi per via di un intelletto materiale, ma sia empirica sull’immaginazione; che non costruisca modelli teorici, ma sappia esperire i fenomeni e arrivare agli ideali. Si tratta di disegnare una scienza del vivente che prenda come oggetto il vivente. Alla coscienza moderna libera questo oggi dovrebbe risultare possibile.
La ricerca ha il dovere di porsi la domanda della biodinamica e del suo metodo. E noi biodinamici dobbiamo ottenere che in Italia si tenga la più grande ricerca sulla biodinamica che mai sia stata svolta.
Iniziamo un lavoro per ottenere che i più importanti atenei e istituti di ricerca italiani avviino uno studio di grande portata sulla qualità dei prodotti e sulla gestione dei suoli in biodinamica. Questo oggi è un obbiettivo possibile. Alla fine degli anni Novanta sembrava impossibile che si potesse insegnare biodinamica nell’università italiana, eppure a Firenze si tenne il Master e poi due dottorati di ricerca dedicati.
Iniziamo ora un ciclo di incontri coi ricercatori per far capire l’importanza della proposta, innanzitutto per il loro futuro.