Associazione Agricoltura Biodinamica Italiana
ESPERIENZA AL DOTTENFELDERHOF

ESPERIENZA AL DOTTENFELDERHOF

di Luca Margoni Bastian e Andrej Drosghig

 

Come tutte le migliori avventure, anche questa nasce dalla curiosità, quella di due amici di vedere

un’azienda effettivamente diversa dall’idea che si ha normalmente di azienda agricola: su oltre 100 ettari coesistono orticoltura, frutticoltura, cerealicoltura, allevamento di bovini, suini e galline ovaiole, seguendo uno dei principi base dell’agricoltura biodinamica che è quello di avere aziende che siano organismi a ciclo il

più possibile chiuso. In tutti questi campi si fa inoltre ricerca ed è presente una scuola di agricoltura biodinamica; le materie prime vengono trasformate in azienda, con una latteria che produce vari tipi di formaggi, una panetteria, una pasticceria e un ristorante-bar; i prodotti sono commercializzati in un piccolo supermercato che vende anche altri prodotti bio e biodinamici.

L’odierna azienda venne fondata nel 1968 in un ex monastero cistercense, citato già prima del 1000, da alcune famiglie riunite in una speciale organizzazione sociale che si volevano dedicare all’agricoltura biodinamica. Già in precedenza, dal 1946 al ‘58, si era praticata l’agricoltura biodinamica. Negli anni ’80 sorse la scuola. La scuola offre un corso annuale e alcuni corsi intensivi in gennaio. Questo fatto fa sì che nell’azienda si trovino molte persone giovani; inoltre, ci sono molti che fanno tirocini, o semplicemente prestano volontariamente la propria opera in cambio di vitto e alloggio – con eventuali modici rimborsi spese.

Così abbiamo fatto anche noi: tramite il contatto con Martin von Mackensen, coordinatore della scuola di agricoltura biodinamica, abbiamo potuto trascorrere cinque settimane intense, tra luglio agosto, dove abbiamo lavorato a fianco di persone di indubbia competenza nel settore che ci interessava: Luca nell’avicoltura, Andrej nell’orticoltura.

La presenza della scuola e la fama dell’azienda fa sì che ci sia gente da molti posti diversi e l’esperienza è culturalmente ancora più interessante. Senz’altro, la seconda lingua più parlata al Dottenfelder Hof è lo spagnolo, dovuta ai vari sudamericani e, chiaramente, a spagnoli, inoltre vi sono rappresentanze statunitensi, canadesi e perfino giapponesi e, logicamente, altri italiani. Questo a suggerire che in alcune aree del mondo questo modo diverso di vivere l’agricoltura sta suscitando maggiore interesse. Qualcosa di

speciale è anche l’abituale incontro mattutino per riassumere quanto fatto nella giornata precedente e programmare i lavori della giornata, chiamatasi “Arbeitsbechprechung”(programmazione dei lavori), che si svolge ogni mattina alle 07:45 e a cui partecipano tutte le persone dei vari settori agricoli. Tra le altre cose, l’azienda non è solo un luogo dove la gente si raduna a lavorare, ma dove vengono condivisi – in assoluta libertà – anche altri momenti della giornata: i pasti e varie attività di socializzazione. Tutto ciò rende l’azienda un

microcosmo visibilmente diverso rispetto alla realtà circostante: c’è un’effettiva attenzione verso le persone e una gran fiducia reciproca, tanto che non è uso comune chiudersi a chiave nemmeno la notte.

Il lato discutibile di questa azienda è simboleggiato dal colpo d’occhio che si nota nel parcheggio davanti al negozio: quelle dei clienti che vengono a fare le spese sono quasi tutte automobili di grossa cilindrata e un certo valore, indice che probabilmente i prodotti di qualità non sono ancora alla portata di tutti. Viene il dubbio che l’esistenza di un’azienda del genere non sia possibile in Paesi economicamente meno floridi e lontano da grandi città – Bad Vilbel si trova a circa 20 km da Francoforte, la capitale finanziaria d’Europa.

Andrej: dell’azienda mi è rimasta l’impressione della gran quantità di macchine agricole usate; ciò senza trascurare l’apporto umano delle singole persone, le cui opinioni venivano continuamente considerate.

Luca: a me invece è piaciuto vedere come giorno dopo giorno il mio lavoro con le galline migliorava, in quanto riuscivo a capire meglio cosa si faceva bene e cosa si poteva migliorare, apprezzando gli animali quasi come dei colleghi o meglio colleghe. Inoltre mi è rimasta molto positiva l’immagine delle persone, molto educate, che magari pur non conoscendomi, vedendomi passare mi salutavano, quasi fossimo amici.

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