Associazione Agricoltura Biodinamica Italiana
I PROCESSI VITALI DELL’APE

I PROCESSI VITALI DELL’APE

Dal Convegno 2014 di Dornach – Le api creatrici di relazioni:
di Michael Weiler

L'amico delle api
L’amico delle api di Hans Toma

L’appello di Rudolf Steiner di 100 anni fa, di occuparsi attivamente dell’api è sempre più attuale. Questa attività deve cominciare con la
meraviglia verso questa creatura.

Nella prima conferenza di Steiner sulle api c’è la richiesta: “ogni uomo dovrebbe avere il massimo interesse per l’allevamento delle api, perché in veritá la vita dell’uomo dipende dall’allevamento delle api molto più di quanto si possa immaginare”.
Come apicoltore, e come colui che da più di 30 anni si occupa di questo tema e delle conferenze di Steiner sulle api, posso dire che le api si scoprono in ogni ambito della vita, se solo le si vuole cercare.
Apicoltura significa CULTURA.
Cultura è ció che si produce quando gli uomini incontrano altri esseri. Essa è determinata dalla qualitá e dalla cura della relazione. L’incontro nasce da ciò che coloro che si incontrano si portano incontro.

Il quadro “L’amico delle api” di Hans Thoma
mostra l’atmosfera che è importante sviluppare nell’incontro con le api, perchè è da questo stato d’animo che emergono immaginazioni. Le immaginazioni non possono come i ricordi essere ricercate nel nostro corpo, perchè l’immaginazione è sempre qualcosa di cosmico. Ciò che posso esercitare è di riproporre un umore, uno stato d’animo, in cui l’immaginazione può manifestarsi.

Le famiglie si individualizzano nel profumo
Le api producono molto più del miele. L’essenziale che le api producono in questo mondo è che vivificano, infuocano, incantano e animano tutto l’ambiente in cui volano. Possiamo dire molte cose sullo scenario catastrofico in cui ci troviamo e contestualmente dimenticare che cosa sono realmente le api per noi: sono portatrici di vita….
All’inizio è lo sciame. Se si ha la fortuna di assistere a una sciamatura ci si può fare l’immagine di come: “Questo sciame viene “pronunciato” dall’alveare. Con questo sciame tutto ha inizio.” Un fatto che può commuovere é che l’ape si cerca un luogo caldo in cui
vivere. Steiner disse: “…. Così l’occultista descrive l’ape come essere nato dal calore”. Così lo sciame si organizza una sfera di calore come ambiente di vita nel quale vive e dal quale è attivo. Se misuriamo la temperatura all’interno di uno sciame è di 35 gradi C. Le api svolazzanti sono calore puntiforme. Mi commuove sempre e ancora profondamente che il popolo delle api non si dia un involucro, una pelle. È un organismo che è sempre aperto e non è in grado di rinchiudersi in sè. Ha dunque bisogno di una grotta o cavità. Ma la grotta non gli appartiene.
Penso che questo sia uno degli aspetti più importanti per cui noi possiamo avere una relazione con le api, proprio perchè noi possiamo fornire loro un involucro. Già da qui ha inizio la cultura, nel vero senso dell’incontro: le cavità sono per le api, le arnie sono per l’apicoltore. Sta a noi come gestiamo l’incontro: se offriamo alle api un’arnia quadrata e pratica per la nostra asportazione del miele oppure se creiamo una cavitá adattata alle esigenze dell’ospite come l’arnia pendente Weissenseifener (L’arnia del sole – The Sun Hive – You Tube – ndt).

Quando lo sciame entra in una cavitá si può verificare come condensa il calore, raggiungendo temperature da 41 a 43 gradi C. Ma questo che apprezziamo è solo il calore fisico, perchè l’impressione è che questo calore venga condensato fino quasi a diventare sostanza.
È difficile immaginarlo.
Ma se si segue questo percorso, la sensazione è che le api chiamino in aiuto qualcosa dall’oscuritá dell’arnia e lo sfruttino per trasformare il calore in sostanza. Chiamano in aiuto la luce. La luce è ciò che dà forma a ogni cosa.
Cominciano a trasudare la cera e con questa costruiscono il luogo dove da lì in poi abiteranno.
I favi. E tutto pende dall’alto verso il basso. Questa immagine si può allargare a tutto quello che si sperimenta con le api: le api provengono dal celo e scendono verso la terra. Ogni altra forma di vita che possiamo studiare sulla terra proviene invece dalla terra e cresce verso il cielo. Solo all’interno della cavitá lo sciame diventa una famiglia.
Le api si individualizzano nel profumo. Ogni popolazione ha il proprio modello di fragranza, tramite il quale le api si riconoscono e si distinguono. Il momento in cui lo sciame esce a bottinare è l’unico in cui l’apicoltore può apprezzare questo loro profumo.
Quando le api sono entrate nell’arnia allora si sentono vari profumi: propoli, legno e aromi, ma non più la fragranza della popolazione.
Cera d’api e favi provengono da un prodotto sostanziato di calore caratterizzato da luce. Questo si comprende quando costruiamo e accendiamo una candela di cera. Allora la candela si scioglie e torna ad essere ciò che era in origine: luce, calore e null’altro. Il delicato profumo che noi percepiamo proviene dai processi vitali dell’ape. Nell’alveare le api vivono in una luce priva di ombra. Quando poi l’ape se ne esce in volo, allora va in una luce che produce ombre.

Una testa aperta in tutte le direzioni.
La regina viene sempre circondata da una corte. Tra le api, la corte si crea sempre là dove la regina compare e sempre con le api presenti in
quel momento. Anche questo è un esempio che nell’arnia gli organi si formano sempre là dove sono necessari proprio in quel momento. Se
osserviamo i flussi delle sostanze che le api portano fuori e che vengono portate all’interno, allora vediamo che sono sempre diretti
verso la regina. Se guardiamo il flusso vitale che si gonfia davanti all’arnia, scopriamo che proviene dalla regina. Lei è l’organo centrale. Non con funzione di comando. Lei conferisce il ritmo a tutta
la vita dell’alveare. Le uova che lei depone, entrano nel ritmo che anima tutta la popolazione. Tutto proviene dalla regina, tutto torna alla regina. Questo ci ricorda quel detto di Angelus Silesius: “Il divino è una fonte – da lui tutto ha origine, ed anche vi tende di nuovo. Per questo è anche un mare.”

Il polline che le api raccolgono, diviene pane d’api. Nel metabolismo delle api operaie e della covata diventa corporeitá dell’alveare. È grazie al polline che le api possono costruire il proprio corpo. La
possibilitá delle api di essere attive è dovuta invece al miele, che contemporaneamente le mantiene anche nella vita fisica. Inizialmente
le api fanno moltissime esperienze grazie alla percezione mentre raccolgono il nettare e quando trasformano il nettare in miele passano attraverso un’esperienza così intensa a cui partecipa tutto l’alveare.
Il miele nel favo è per le api paragonabile ad un ricordo che richiamano alla memoria quando lo consumano. Se seguiamo la modalità con cui le api si allargano sul territorio che circonda l’alveare, possiamo comprendere come l’alveare si dedica alla vita. Nel libro L’uomo, sintesi armonica delle attivitá creatrici universali, Steiner
dice: “L’alveare è una testa aperta verso tutte le direzioni”. Oggi, potremmo dire, che le api sono giunte ad una condizione di “privazione
del proprio involucro”; che sono private della loro forza di coesione. Tutto questo è riconducibile a noi. Siamo chiamati a fare qualcosa affinchè questa condizione cambi. Quante più persone
mostreranno un caloroso interesse per ciò che le api sono veramente, tanto più migliorerà la loro situazione. E meglio staranno le api,
tanto meglio staremo anche noi!

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