Associazione Agricoltura Biodinamica Italiana
L’ESSERE DELLE API

L’ESSERE DELLE API

di Michele Codogno
(dal Terzo Notiziario 2013)

Bees on the jobRudolf Steiner tenne per gli operai impegnati nella costruzione del Goetheanum una serie di 8 conferenze dal titolo «Sull’essere delle Api» (O.O. 351 pro parte) dal 26 novembre al 22 dicembre del 1923. Queste conferenze costituiscono una solida base per chi vuole praticare l’apicoltura secondo il punto di vista della scienza dello spirito. È da tempo che nell’ambito del gruppo di agricoltura biodinamica della Venezia Giulia studiamo questo testo ed ogni volta che lo riprendiamo in mano scopriamo cose nuove che nelle precedenti letture ci erano sfuggite. Di seguito voglio riportare alcune immagini risvegliate in me da questa ripetuta esperienza di studio.

La Forza Esagonale
Nella conferenza dal titolo «Miele e Quarzo» (Dornach, 1.XII.1923) ritroviamo spesso i termini sechseckig wirkende Kraft (forza agente in modo esagonale) o perfino Sechseckkraft (forza esagonale). Di che si tratta? Steiner è molto chiaro su questa forza, affermando che “nell’uomo ci sono tutte quelle forze che sono nella Terra e anche nell’Universo: la Terra le riceve dall’Universo e l’uomo dalla Terra”. E aggiunge: “quindi dentro l’uomo vi è la stessa forza che fa sorgere dalla Terra i cristalli di quarzo”. In Wikipedia trovo la seguente osservazione etimologica: “Il nome quarzo ha origini germaniche, e deriva da una cattiva traduzione di un testo latino fatta nel 1550 a Venezia; tale testo affermava che le rocce quarzose venivano chiamate in Germania col termine di ‘querz erz’ (letteralmente ‘minerale che attraversa la roccia’). Nella traduzione in italiano, ad opera dello stampatore Michele Tramezzino, il termine querz fu trascritto come ‘quarzo’, termine che poi fu riportato in inglese come ‘quartz’ (parola peraltro usata oggi anche nella stessa Germania)”. Non è difficile immaginarsi quindi legata alla parola ‘quarzo’ una forza strutturale che irradia dalla periferia del cosmo e che, una volta raggiunta la superficie terrestre, attraversa la crosta terrestre in stato cristallino come minerale quarzo. L’immagine ricordata da Rudolf Hauschka della drusa di ametista, in cui la forza cosmica, la luce strutturante forma la cavità al cui interno nascono i meravigliosi cristalli esagonali, risveglia in noi l’immagine di numerosi dardi minerali che attraversano (in ted. queren) la crosta rocciosa della drusa. Moltissime strutture in natura presentano la saggia azione della forza esagonale, che viene spesso mascherata da una molteplicità emergente. Il geografo tedesco Walter Christaller (1893-1969), analizzando la distribuzione degli insediamenti urbani nella Germania meridionale, ha messo in evidenza che perfino la società umana utilizza la saggezza della forza esagonale (teoria delle località centrali).

L’Alveare come Testa
Nella conferenza dal titolo «Api e Uomo» (Dornach, 26.XI.1923) viene trattata una similitudine tra l’alveare e la testa umana. Non posso fare a meno di pensare alla Venere di Willendorf dell’Aurignaciano austriaco [ca. 30000 a.C.]. Si tratta di una statuetta alta ca. 11 cm esposta nel Museo di Storia Naturale di Vienna e caratterizzata dal fatto che la testa ha la forma di un favo. Se la Venere è una rappresentazione della Grande Madre, sicuramente il favo svolge la funzione di testa della Grande Madre. Nella struttura del favo si ripropone in modo pressoché puro la forza strutturante esagonale. Però, mentre nei cristalli di quarzo esagonali la forza cosmica rimane all’interno della struttura cristallina del minerale, nelle celle esagonali dell’alveare avviene una sorta di rovesciamento (Umstülpung) e la luce strutturante si irradia nell’intera cavità delle celle dove verranno deposte le uova ed il miele. L’alveare è una specie di superorganismo che presenta un Io nel piano fisico. Le api sono cellule di questo superorganismo-testa, che riesce a trasferire all’uomo la forza esagonale non in forma cristallina come nel quarzo, ma in forma liquida colloidale come nel miele. Nella similitudine di Steiner le api operaie corrispondono alle cellule del sangue, i fuchi alle cellule nervose e le api regine alle Eiweißzellen. Cosa sono queste ultime? Nella traduzione in italiano di queste conferenze viene riportato il termine ‘cellule albuminiche’ di non chiaro significato istologico. Per comprendere il significato delle api regine sono partito da una traduzione più generica: ho utilizzato il termine ‘cellule proteiche’. In un testo di psiconeuroimmunologia (chiedo venia ma al momento non trovo il dato bibliografico, ma mi riprometto di cercarlo in un prossimo futuro) è scritto: “Le citochine sono le cellule proteiche responsabili della cooperazione fra cellule immunitarie, inoltre sono le responsabili del dialogo fra sistema immunitario, endocrinologico e nervoso”. Non posso fare a meno di pensare alla microglia, le uniche cellule di origine mesodermica presenti nel tessuto nervoso. La regina appartiene al tessuto nervoso (i fuchi) pur avendo una diversa storia ontogenetica. Condivide con loro l’esistenza al di là della barriera emato-encefalica, ma è in continuo dialogo con le cellule del sangue (le api operaie), che stanno dall’altra parte della barriera e che sono il supporto dell’Io dell’alveare. Se questo dialogo manca, soprattutto le cellule nervose (i fuchi) sono soggette all’attacco di agenti patogeni. Quanto assomigliano gli attacchi di Varroa alla sclerosi multipla!

Il Miele: quarzo fluido
Ritornando alla conferenza «Miele e Quarzo», Steiner afferma: “l’uomo lascia arrivare il quarzo fino al punto in cui vorrebbe diventare esagonale, qui lo blocca e non lo lascia continuare; così che nel nostro corpo vi è solo l’inizio della formazione del quarzo, poi viene bloccato e deve cessare”. Se in noi il quarzo cristallizza, si forma sabbia nel cervello e può succedere che le punture dei microcristalli sulle pareti sottili delle arteriole rompano la continuità della nostra barriera emato-encefalica portando ad un dannoso mescolamento di globuli bianchi e cellule nervose: i fuchi non devono mischiarsi alle api operaie! È bellissimo come esprime Steiner le proprietà di quello che lui chiama succo di quarzo: “se non avessimo del succo di quarzo in noi, potremmo per esempio mangiare quanto mai zucchero senza avere in bocca alcun sapore dolce. Il quarzo che abbiamo in noi ha questa azione, ma non mediante la sua sostanza, bensì mediante questa sua intenzione di diventare cristallo esagonale. In questa azione consiste la sua importanza”. Penso alla molecola del monosaccaride glucosio, che per la formazione di un legame semiacetalico si chiude ad anello: questo anello, costituito da sei atomi, ha la forma esagonale!

Che bell’ esempio ci presenta l’articolo “L’INVERNO DELLE API” di Amedeo Vuch nel presente numero del notiziario: sto pensando al vecchio contadino sloveno con le api alloggiate in vecchie cassette di munizioni risalenti alla guerra, fatte di legno marcescente e appoggiate direttamente al suolo. Quelle api le aveva da anni e non aveva mai avuto episodi di moria, tanto che sciamavano in continuazione. Forse la prima regola in apicoltura è sviluppare un senso dell’Io dell’alveare per dialogare con lui, rispettarlo e quindi per poter permettere un suo normale sviluppo secondo la Volontà agente nella natura. Finiamo sempre lì: è tutta questione di fantasia morale e di tecnica morale!

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