Associazione Agricoltura Biodinamica Italiana
Dalla Società Italiana di Scienze Biodinamiche: note utili per la definizione della biodinamica

Dalla Società Italiana di Scienze Biodinamiche: note utili per la definizione della biodinamica

LA SCIENZA IN FAVORE DELL’AGRICOLTURA BIODINAMICA

Nota della Società Italiana di Scienze Biodinamiche (SISB)

In risposta alle crisi della fame, dell’obesità e dei sistemi alimentari insostenibili, l’Unione Europea ha varato il Green Deal. In esso le pratiche dell’agricoltura biodinamica rivestono un importante ruolo per lo sviluppo ecologico del sistema agroalimentare. Si tratta di un cambiamento cruciale i cui esiti dipendono molto dalla responsabilità e coesione degli scienziati e della nazione. Come donne e uomini di scienza siamo consapevoli che se l’Italia saprà governare il cambiamento attraverso un processo responsabile, dotandosi di risorse per la ricerca, la formazione e la diffusione, saprà affrontare al meglio un percorso riformatore che, mal gestito, potrebbe invece mettere in crisi il nostro agroalimentare.

Per questo motivo, scriviamo come ricercatori, membri di facoltà ed educatori che lavorano per i sistemi agricoli ed alimentari in tutte le discipline per annunciare il nostro sostegno all’approvazione della legge sull’agricoltura biologica che riconosce l’agricoltura biodinamica. Il nostro sostegno va alle istituzioni che hanno inteso aprire così alla promozione della ricerca e della formazione, anche universitaria, delle metodiche dell’agricoltura biodinamica, come già avviene negli atenei dei più avanzati paesi europei. Invitiamo voi, nostri colleghi, collaboratori, studenti e mentori, a considerare di sostenere le ragioni della libertà di ricerca che costituisce il fondamento del progresso tecnologico e il sostegno dello sviluppo umano.

Siamo molto preoccupati dei toni e dei contenuti con cui un gruppo minoritario di politici e ricercatori ha colpito le istituzioni nazionali che hanno varato la legge e con essa gli scienziati che compiono ricerche in agricoltura biodinamica in diversi atenei italiani, tacciando quest’ultima di stregoneria e diffondendo descrizioni fantasiose, non rispondenti al vero. Davanti al cambio di paradigma in atto, comprendiamo la loro passione che talvolta può sfociare nell’astio. Noi rispettiamo il loro modello e le diverse forme di produzione agroalimentare applicate nel nostro paese. La storia della scienza è storia di controversie, tuttavia mai queste devono dare esito a lotte ideologiche, accuse di stregoneria, quanto invece favorire il confronto razionale fra colleghi sui dati e sulle ricerche scientifiche. Sono censite fino ad ora almeno 147 pubblicazioni scientifiche soggette a controllo tra pari sull’Agricoltura biodinamica, segno che essa è oggetto di ricerca seria e su queste come scienziati chiediamo si sposti l’attenzione.

La nostra preoccupazione è che non solo si fermi nel nostro paese la ricerca e la formazione in questo settore la cui la estrema complessità è una sfida emergente prettamente multidisciplinare, ma che si alimentino lotte intestine che minano la coesione nazionale e l’impegno della ricerca per lo sviluppo della scienza e della tecnica, che vede impegnata la Società Italiana di Scienze Biodinamiche insieme alla comunità scientifica.

Sappiamo che le principali organizzazioni agricole e le forze politiche condividono la nostra posizione e che si adopereranno per sostenere la ricerca senza far prevalere fazioni e disinformazioni, ma riportando il confronto in sede scientifica.

Come scienziati della Società di Scienze Biodinamiche offriamo a seguire una breve nota tecnica sull’Agricoltura Biodinamica, utile a quietare lo scandalismo sui temi di scienza e sostenere un processo fondato sull’analisi ed il confronto oggettivo utile ad affrontare l’inerente complessità.

Napoli, 22 maggio 2021
Prof. Alessandro Piccolo, Università di Napoli Federico II
Presidente SISB

Note chiarificatrici in materia di agricoltura biodinamica

  1. Riferimenti normativi e tradizione

Il legislatore europeo, fin dal primo regolamento (Reg. Cee 2091/92) e già in fase di elaborazione del testo, si è posto il tema dell’inclusione dell’agricoltura biodinamica all’interno del biologico. I regolamenti, si sono preoccupati di indicare specificamente la peculiarità biodinamica e dichiarare i preparati mezzi tecnici del biologico, al fine di includerla. Pertanto le preparazioni sono state sottoposte a regolamentazione. Nella fase di elaborazione del testo di legge l’UE ha voluto così indicare che l’agricoltura biodinamica è parte dell’agricoltura biologica. Come nel ddl italiano, l’agricoltura biodinamica è l’unica citata. Al fine di identificare l’agricoltura biodinamica, oltre ad affermare che è un metodo interno all’agricoltura biologica, bisogna indicare le sue peculiarità e caratteristiche distintive, che risultano più restrittive e non aggiuntive. È importante comprendere nella definizione, non solo l’uso dei preparati (del resto previsti dagli stessi regolamenti UE della bioagricoltura), ma anche e sopratutto i disciplinari affermatisi da lunga tradizione di applicazione che caratterizzano la gestione aziendale agroecologica a ciclo chiuso. È fondamentale il richiamo alla tradizione del metodo a ciclo chiuso, metodo che ha ormai un secolo di applicazione. Non basta certo fare agricoltura biologica e aggiungere i preparati per fare agricoltura biodinamica. Occorre necessariamente assicurare l’assetto agroecologico aziendale tramite il ciclo chiuso, una percentuale di SAU destinata alla biodiversità e il rispetto del rapporto concimazioni – rotazioni, con l’obbligo della presenza animale per l’approvvigionamento delle sostanze concimanti, che vanno maturate in situ. Anche per questo il prestigioso rapporto Green Italy 2018 di Fondazione Symbola e Unioncamere definisce l’agricoltura biodinamica “il fiore all’occhiello della sostenibilità”. Questo aspetto è distintivo. Invece i preparati sono usati anche in agricoltura biologica e molto più da aziende biologiche non certificate biodinamiche, con la sola differenza che in biodinamica si usano necessariamente.

La biodinamica è definita e aggiornata nei principi e nelle pratiche dal 1924 attraverso gli indirizzi della Freie Hochschule für Geisteswissenschaft am Goetheanum, Sektion für Landwirtschaft.

Il richiamo necessario alla tradizione di applicazione è coerente con la normativa UE (Reg. 848/2018) che, in tema di biodinamica, richiama proprio la tradizione. Anche la normativa italiana contempla già l’agricoltura biodinamica e la individua letteralmente come “Agricoltura biodinamica” e come tale la cita a fianco alle altre due: l’agricoltura convenzionale e l’agricoltura biologica. Cfr. a proposito il D. M. 18354, 27 novembre 2009, art. 3, comma 5 “Disposizioni per particolari prodotti utilizzati in agricoltura biologica, biodinamica e convenzionale” (nell’Allegato 1. 5 include i “preparati biodinamici”). Il dm 4416 del 2013 assoggettava poi i preparati biodinamici all’esame periodico di una commissione tecnico scientifica composta da esperti del Mipaaf, del ministero della Salute, del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, da rappresentanti del CRA  e ne confrontava le decisioni con Regioni e Provincie autonome, organizzazioni professionali agricole, rappresentati delle Associazioni di categoria più rappresentative del biologico, (Federbio e Aiab), organizzazioni di produttori di mezzi fertilizzanti (Agrofarma e Ibma). Tale commissione ha confermato i preparati tra i mezzi ammessi. Dalla prima regolamentazione dell’agricoltura biologica in Europa, avvenuta nel 1991, i regolamenti UE in materia di bioagricoltura includono l’agricoltura biodinamica. Si veda il Reg. Cee 2092/91, All. 1. 2. B, dove le preparazioni biodinamiche sono definite “appropriate” per l’attivazione del compost. Il successivo e vigente Regolamento UE 834/07 conferma ciò all’articolo 1, comma 2, lettera C e negli allegati. Infine, il nuovo Regolamento UE in materia di bioagricoltura, n. 848, approvato il 30 maggio 2018 e in vigore dal 1 Gennaio 2021, conferma la precedente giurisprudenza, ma inserisce esplicitamente l’Agricoltura biodinamica dentro l’agricoltura biologica. Nomina esplicitamente di Agricoltura biodinamica e all’articolo 3, “Definizioni”, definisce le sostanze “tradizionalmente utilizzate in agricoltura biodinamica”.  e include i preparati biodinamici nell’elenco delle sostanze dell’agricoltura biologica (Allegato 2). Rilevante il riferimento alla “tradizione”, un termine dalla valenza peculiare in diritto, che ha pregio in chiave di diritto consuetudinario, che il legislatore europeo ha inteso riconoscere. Nel Convegno “Innovazione e ricerca. Alleanze per l’Agroecologia”, Milano, Politecnico, 24 novembre 2018, il prof. Filippo Briguglio, docente di Fondamenti di diritto europeo all’Università di Bologna, comparando la normativa, dichiarava: “La normativa fa dei prodotti biodinamici prodotti biologici ed evidenzia la stretta correlazione fra biologico e biodinamico”.

Tale condizione è stata recepita correttamente, nell’articolo 1, comma 3, dal DDL “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico” approvata alla Camera e calendarizzata in discussione al Senato, nell’articolo è anche presente lo specifico riferimento ai disciplinari.

  1. Letteratura scientifica sulla biodinamica

La review delle pubblicazioni scientifiche sull’agricoltura biodinamica su riviste scientifiche soggette a referaggio, pubblicata per la Cambridge University press nel 2009 (Renewable Agriculture and Food Systems: 24(2); 146–154), evidenzia la consistenza della ricerca scientifica in agricoltura biodinamica al 2009: “una buona parte dei risultati della ricerca (…) dimostra gli effetti dei preparati BD sulla resa, sulla qualità del suolo e sulla biodiversità”. La più recente review sul tema (2018) ha esaminato 147 pubblicazioni su riviste scientifiche sottoposte a peer review. Ha evidenziato i risultati positivi emersi dall’analisi della letteratura. Cfr. Maresca A. (2018), Agricoltura biodinamica sotto la lente, Terra e Vita, 2018. In questa il prof. Gaio Cesare Pacini, docente di Ecologia Agraria all’Università di Firenze, commenta la sua Review su 147 studi su riviste a impact factor e pur evidenziando il bisogno di moltiplicare le ricerche sull’argomento per  trarre giudizi consolidati, conclude: “I sistemi biodinamici hanno dimostrato di avere il potenziale per essere superiori, in date condizioni, sia ai sistemi convenzionali che ai sistemi biologici per quanto riguarda la stabilità degli aggregati del suolo, il pH, la formazione di sostanza organica stabile, il calcio, la biomassa microbica e della fauna; I preparati biodinamici hanno, in determinate circostanze, un impatto positivo sulla biodiversità; I sistemi biodinamici hanno un impatto positivo sull’utilizzo e l’efficienza dell’energia; Allo stato attuale dell’arte nessuno è stato capace di rivelare quale principio scientifico sia alla base del funzionamento dei preparati biodinamici, né di dimostrare la loro supposta inconsistenza scientifica”.

  1. Istituzioni scientifiche

Rudolf Steiner, il fondatore dell’agricoltura biodinamica, studiò matematica, storia naturale e chimica al Politecnico di Vienna e successivamente conseguì il dottorato di ricerca in Filosofia a indirizzo epistemologico all’Università di Rostock, nel 1891. Ebbe prestigiosi incarichi scientifici, applicò un rigoroso approccio epistemologico (l’empirismo razionale), fu fondatore della corrente di pensiero denominata Scienza dello spirito a indirizzo antroposofico e il suo approccio fu fenomenologico. Fu, come Husserl, allievo di Brentano. A sviluppare sperimentalmente la biodinamica furono i più celebri scienziati, docenti universitari, allievi di Steiner: il chimico, laurea honoris causa in Medicina e professore di Scienza della nutrizione, Ehrenfried Pfeiffer, la microbiologa Lili Kolisko e il fisico, medico e docente di Chimica medica dell’Università di Vienna, Eugen Kolisko. La prima formalizzazione matematica dei principi che sono alla base della biodinamica fu di un altro allievo di Steiner, il matematico George Adams, poi laurea in Chimica a Cambridge.

Questi i principali istituti scientifici e università dove si ricerca e si insegna la biodinamica. In Olanda l’Università di Wageningen e il Louis Bolk Instituut, sorto nel 1976 a Driebergen. In Germania in tutte le facoltà di agraria viene introdotta la biodinamica e in particolare si insegna nell’Università di Kassel, nell’Università di Bonn e nell’Università di Hohenheim. Quest’ultima ha la sua azienda agricola (denominata “Klein Hohenheim”) dedicata alla ricerca in biodinamica. In Svizzera segnaliamo la Sezione di Scienze Naturali, la Sezione di Agricoltura e il Forschungsinstitut am Goetheanum, a Dornach, Basilea, in attività dai primi anni Venti del Novecento. Nello stesso paese ha sede il FiBL – Forschungsinstitut für biologischen Landbau. In Germania ricordiamo anche il Forschungsring für Biologisch-Dynamische Wirtschaftsweise, istituto operante dal 1950 a Darmstadt e poi il Forschung & Züchtung Dottenfelderhof, operante dalla fine degli anni Cinquanta a Bad Vilbel, Francoforte e sempre nell’Università di Kassel, risiede un centro di ricerca per la biodinamica. In Svezia vi è il Biodynamic Research Institute a Ierna, sorto dalle ricerche dei primi anni Cinquanta e affiliato alla Rudolf Steiner University. Nel Regno Unito vi è l’Università di Coventry. Il Biodynamisk Forskningsforening, ente di ricerca riconosciuto dallo Stato, sorto nel 1997, opera in Danimarca. Il Bio-dynamic Research Institute, fondato in Australia nel 1952, è riconosciuto dallo Stato. In Egitto il corso di laurea in agricoltura biodinamica ha sede nella Heliopolis University, presso il Centro Sekem, fondato negli anni Settanta. Il Michael Fields Agricultural Institute, svolge ricerca in biodinamica negli Stati Uniti, paese dove la ricerca fu avviata fin dagli anni Trenta e dove sono operanti il Josephine Porter Institute e il Rodale Institute. Dal 2005 è stato costituito il Biodynamic Research Network. Esso federa diversi centri di ricerca operanti sulla biodinamica in tutto il mondo.

  1. Metodo agricolo e certificazioni

La biodinamica è una pratica agricola definita da lunga tradizione di applicazione in tutti i continenti, libera e non soggetta a nessuna restrizione, o brevetto e non consiste in una certificazione privata. Non vi è dubbio in giurisprudenza che un’azienda in Europa può fregiare sé stessa o i suoi prodotti col termine “biodinamica”, solo se è assoggettata al regime di controllo UE ed è controllata a tal fine dagli organismi terzi riconosciuti dal MIPAAF, ai sensi dei regolamenti europei sul biologico. Al contrario, ad oggi, un’azienda che per assurdo aderisse all’associazione Demeter, ma non fosse certificata pubblicamente ai sensi del regime di controllo UE, non potrebbe fregiarsi del termine “biodinamica”, in forza dei controlli erogati da un tale ente privato, perché commetterebbe un abuso di legge. La libera applicazione della biodinamica è verificabile, anche nei numeri, dal Bioreport 2018 di Rete Rurale Nazionale del MIPAAF che, nel capitolo dedicato alla biodinamica, fornisce una stima di 4.500 aziende italiane, che applicano il metodo biodinamico a fronte di 419 che aderiscono ai controlli di qualità Demeter. Queste ultime aderiscono a una certificazione volontaria, col fine di garantire in modo trasparente al consumatore l’applicazione del metodo agro ecologico a ciclo chiuso. Possono pertanto fregiarsi di un marchio collettivo degli agricoltori che, garantendo il rigoroso rispetto dell’applicazione della qualità della biodinamica, è molto apprezzato in Centro e Nord Europa. La Demeter Italia è un’associazione non lucrativa di agricoltori italiani, fondata nel 1984, per tutelare i frutti del lavoro agricolo e la trasparenza ai consumatori, fine nobile di un’agricoltura certificata. È una di quelle organizzazioni tipo, che la Dichiarazione ONU dei diritti degli agricoltori, indica quale presidio che gli Stati si impegnano a sostenere, per garantire i diritti contadini (art. 10 e 16). Come è noto, esistono molte aziende, consorzi, OP di agricoltori che applicano ai loro campi la biodinamica, nel rispetto dei regolamenti europei. Fondamentale per distinguere l’azienda biodinamica, insieme all’obbligo di uso dei preparati, è la tradizionale applicazione del metodo, che comporta la realizzazione di un’azienda agroecologica a ciclo chiuso in cui è rispettato il rapporto rotazioni – presenza animale – origine e trattamento in situ dei concimi.

L’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, con circa 1.000 soci, esiste in Italia da prima di Demeter Italia (dal 1947) e tutte le organizzazioni che hanno nel nome “biodinamica” (Federbio Federazione Italiana dell’agricoltura biologica e biodinamica; FIRAB Fondazione per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica; ecc.), agiscono liberamente e sono indipendenti dalla Demeter. È una condizione giuridica chiara e come tale è stata rappresentata correttamente in sede UE e recepita correttamente, nell’articolo 1, comma 3, dal DDL “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico”, coerentemente con la giurisprudenza comunitaria in esso richiamata.

  1. Valenza economica produttiva dell’Agricoltura biodinamica

Non sono molti gli studi sulla redditività specifici sull’agricoltura biodinamica, perché quasi tutti gli studi si sono occupati del confronto tra sistemi agricoli biologici (di cui la biodinamica fa parte) e quelli convenzionali. Di recente, nell’ambito del Bioreport 2017 – 2018 di Rete Rurale Nazionale del MIPAAFT, il rapporto annuale sullo stato dell’Agricoltura biologica, è stata pubblicata un’indagine sui ricavi degli agricoltori biodinamici. Nello studio, si riporta che le aziende biologiche che applicano il metodo biodinamico in Italia sono stimate in 4.500 (cioè il 7% delle aziende biologiche certificate), mentre quelle che arrivano a conseguire la certificazione volontaria del marchio Demeter, estremamente selettiva, sono solo 419 (lo 0,7% del totale delle aziende biologiche italiane). Il dato è coerente con quello già emerso da una precedente analisi di Coldiretti (maggio 2018).

Usando un semplice confronto tra medie, lo studio ha calcolato i dati relativi ai ricavi di 133 aziende agricole biodinamiche certificate Demeter che hanno risposto al questionario, per un totale fatturato pari a 61.316.006 euro.

I valori, che si possono ricavare dal report, sono i seguenti:

  • Ricavi (fatturato) aziendale medi: 461.022 euro.
  • Ricavi (fatturato) per ettaro di SAU: 13.309 euro/ha,

A titolo di raffronto, seppure solo a livello di media generale, si riportano gli analoghi valori per le aziende agricole totali (biologiche e convenzionali) nel 2018 (CREA, fonte RICA[1]):

  • Ricavi (fatturato) aziendale medi: 67.619 euro.
  • Ricavi (fatturato) per ettaro di SAU: 3.674,95 euro/ha.

Ovviamente questo semplice confronto non indica che i prodotti biodinamici si vendano o determinino reddito quattro volte superiori alla media, evidenziano invece che si la biodinamica si colloca tra le produzioni specializzate da reddito per Ordinamento Tecnico Economico (OTE). Costituiscono un modello con carattere di esemplarità per un’agricoltura italiana che, con una limitata disponibilità di SAU, vuole essere vocata alla qualità e alle colture specializzate. Il dato merita di essere evidenziato, soprattutto alla luce delle critiche infondate, rivolte all’agricoltura biologica e biodinamica, di insistere su colture e suoli marginali. Si rileva peraltro tra aziende biodinamiche e convenzionali, una diversa dimensione aziendale media (36,64 ha delle aziende biodinamiche rispetto ai 28,3 di tutte le aziende biologiche prese complessivamente e i 18,4 delle aziende agricole italiane). Non essendo stati rilevati i dati sui costi, l’indagine CREA non tratta in merito alla maggiore o minore redditività dell’agricoltura biodinamica italiana. Interessante però considerare lo studio di Reaganold et al. che ha confrontato in modo sistematico per un quadriennio la PLV e i redditi lordi e netti di aziende biodinamiche e convenzionali neozelandesi, mediante confronto di aziende appaiate (metodo caso-controllo). I risultati di quello studio, in un paese che, diversamente dall’Italia, ha un’agricoltura essenziale a prevalenza di allevamento estensivo, sono in linea con i numerosi risultati sulla redditività delle aziende neozelandesi e mostrarono che i due sistemi agricoli hanno analoga redditività per ettaro, in assenza di sussidi. In Italia, a cavallo dei due secoli, sono stati effettuati molti confronti sulla redditività dei sistemi agricoli biologici e convenzionali, usando varie metodologie per garantire un confronto valido (tecniche di abbinamento caso-controllo, analisi di raggruppamento, confronto tra medie, ecc.). Alcuni di questi studi sono stati pubblicati dall’Istituto Nazionale di Economia Agraria (ora CREA-PB), nell’ambito della collana RICA, la rete europea d’informazione contabile agricola. Quasi tutti gli studi mostrano che la redditività per ettaro non presenta differenze statisticamente significative con le aziende convenzionali, anche se la variabilità di redditività tra le aziende biologiche e biodinamiche risulta maggiore che tra le aziende convenzionali (INEA, 2002). La variabilità aumenta nel caso delle redditività per addetto. Il dato è rilevante se si considerano i ridotti input energetici e le diverse esternalità prodotte. Negli ultimi anni, nella letteratura economico-agraria italiana ed internazionale, l’interesse per il confronto tra aziende biologiche e convenzionali in termini di rese e redditi è scemato. Quando un risultato risulta assodato non ha molto senso destinare ulteriori risorse per ripetere studi che produrranno gli stessi risultati.



[1] CREA-PB, L’Agricoltura Italiana Conta 2020, Roma, 2021.

 

 

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