Il 17 aprile scorso si è tenuto il sesto seminario tematico, dedicato all’Orticoltura, del Corso di base di agricoltura biodinamica promosso dall’Associazione biodinamica in collaborazione con Agricolturabio.info nell’ambito del progetto Valbioagri. Il corso si rivolge agli agricoltori della Toscana e, gratuitamente, a tutti gli associati dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica. Di seguito è possibile leggere un sintetico resoconto dei lavori. Tutti i soci interessati a vedere l’intero seminario possono farlo richiedendo le credenziali all’indirizzo: info@biodinamica.org
Inizia Carlo Triarico, presidente dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica, che introduce il tema spiegando la differenza tra sistema vivente e organismo. Quest’ultimo è un sistema vivente a ciclo chiuso, con conformazioni definite e una forte propensione all’obiettivo. Una azienda organismo si deve strutturare e darsi un obiettivo cui tendere. Esistono due grandi macro categorie di orientamento per una azienda: guardare al proprio interno o guardare all’esterno, all’estrema periferia, al consumatore finale. Il primo è il “vecchio†modo. Una volta stabilito il principio sovrasensibile sul quale fondare una azienda agricola è necessario individuare i confini e darsi una struttura che tenda all’ideale per raggiungere i suoi fini. Il sistema vivente della pianta invece è un sistema aperto in relazione con l’ambiente che si struttura in maniera imprevedibile e con confini “allargatiâ€. La pianta ha una relazione organica vivente con ciò che sta all’esterno di essa. La terra, con i suoi funghi e tutti gli altri microrganismi che la abitano, è una parte integrante della pianta. La pianta è inoltre orientata nei ritmi cosmici, con il sole che, con la sua influenza mediata dal cosmo, da una parte, con la luce alla mattina, stimola la nutrizione attraverso la fotosintesi mentre dall’altra, con il calore nel pomeriggio, stimola l’accrescimento. I cicli della nutrizione e dell’accrescimento sono dunque sfalsati. Triarico spiega poi l’importanza dell’acido carbonico, passando poi ad illustrare l’influenza dell’eccentrico Mercurio sull’orticoltura, da San Benedetto fino a spiegare i tre cicli della produzione orticola. Piante monocotiledone e dicotiledone, con forme accumulative o dispersive, forme archetipe che sono state fondamentali nella storia dell’addomesticazione degli ortaggi dall’antichità fino ad oggi.
Passa poi la parola a Federico Martinelli dell’azienda agricola biodinamica NicoBio di Lucca. Per fare l’orticoltore, esordisce Martinelli, è necessaria molta delicatezza e un rapporto empatico con le piante coltivate per percepire in anticipo quelli che sono i loro bisogni. L’osservazione attenta è il perno centrale attorno a cui ruota tutta l’attività dell’orticoltore. A questa consapevolezza Martinelli è arrivato durante il percorso di conversione dell’azienda da convenzionale a biologica e, poi, dopo 5 anni, a biodinamica. Il terreno parla e l’agricoltore biodinamico deve saperlo ascoltare. Il suo terreno, racconta Martinelli, dopo anni di intense lavorazioni convenzionali era molto impoverito, compatto, asfittico e destrutturato con un colore tendente al grigio e un cattivo odore. Il primo impegno è stato quello di cercare di rivitalizzarlo. L’approccio del biologico però aveva solo modificato gli input da chimici ad organici e non dava i risultati attesi. Grazie al confronto con altri agricoltori che praticavano con successo la biodinamica, ed a un convegno di Alex Podolinsky, ha compreso quanto fosse importante l’osservazione del terreno e a non confondere la vitalità con la vigoria. La qualità organolettica e nutrizionale dei nostri prodotti, afferma Martinelli, è data dalla vitalità del terreno che è stata sviluppata grazie alle pratiche biodinamiche. Dapprima con l’uso del preparato 500, del ripuntatore e dei sovesci e “già dopo 10 mesi i terreni avevano iniziato a trasformarsi”. Poi introducendo il preparato 501 e i cumuli fino ad arrivare a eliminare completamente il rame. La biodinamica è la soluzione per avere vitalità del terreno che poi si diffonde a tutta l’azienda agricola, comprendendo anche l’agricoltore e la sua famiglia. Le soluzioni in biodinamica devono essere individuate con creatività e in base alle esigenze, non ci sono ricette prestabilite.
Interviene per un saluto Cristina Marello, agronoma e consigliera dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica, che si sta occupando di organizzare il nuovo servizio di consulenza tecnica dell’Associazione.
Fabio Fioravanti, tecnico agronomo biodinamico e segretario della sezione Emilia Romagna dell’Associazione, affronta nel suo intervento il tema delle infestanti e delle erbe spontanee. La biodinamica insegna a ragionare in maniera olistica e a vedere queste piante in maniera diversa, non come un ostacolo ma come espressione della natura. Per Fioravanti il primo gesto agricolo è rappresentato dal disboscamento per poter ottenere i campi da coltivare. L’infestante quindi è il primo tentativo che la natura compie per ripristinare gli equilibri ecologici. Si parla di flora segetale o specie specialiste, perché legate ad una particolare nicchia ecologica, che si sviluppano nei campi coltivati. Dagli anni ’60 l’uomo ha introdotto prodotti chimici che hanno minato ancora di più gli equilibri naturali determinando un cambiamento nel tipo di flora che un tempo caratterizzava i campi coltivati. Prima i campi avevano una flora segetale molto ricca in termini di varietà di specie ma che erano anche più facili da controllare perché dotate di una vigoria medio bassa, come per esempio il fiordaliso. L’uomo attraverso l’introduzione di sostanze azotate di sintesi e attraverso l’introduzione di altre sostanze chimiche inquinanti ha provocato l’estinzione della maggior parte di queste specie a favore di poche specie, la cosiddetta flora di sostituzione o specie generaliste o invasive, che invece le tollerano ed hanno la capacità di adattarsi alle condizioni più estreme. È quindi venuta meno la biodiversità naturale che caratterizzava i campi coltivati e, oggi, le poche specie presenti nei campi coltivati sono più difficili da controllare perché hanno una notevole resistenza ed una estrema vigoria. L’agricoltore ha quindi il compito rinunciare alla chimica e di ripristinare la complessità attraverso le buone pratiche biodinamiche, imitando i cicli biologici naturali e applicando una serie di strategie di controllo della flora spontanea, come per esempio la pacciamatura (con teli biodegradabili) o l’allettamento. Per l’orticoltura infatti è auspicabile avere una pluralità di specie poco aggressive e intervenire per il controllo quando queste piante sono ancora piccole. Fioravanti presenta poi alcune immagini rappresentative dell’evoluzione del paesaggio agrario, della riduzione della biodiversità , delle specie specialiste che oggi caratterizzano solo gli habitat più sani e di quelle generaliste, infestanti invasive che caratterizzano la maggior parte dei campi coltivati italiani per arrivare, infine, a mostrare alcune attrezzature per il controllo degli infestanti.
Interviene poi Leonardo Gabellini dell’azienda agricola Orto del Vicino di Borgo San Lorenzo che presenta l’esperienza sua e di Anna che, laureati in Agraria e dopo alcune esperienze lavorative, decidono di avvicinarsi al mondo dell’agricoltura in maniera diretta. La prima difficoltà incontrata ha riguardato l’accesso alla terra anche perché i prezzi in Mugello sono altissimi (fino a 100 mila euro a ettaro). Nel 2013 acquistano attraverso un’asta fallimentare due ettari di terra abbandonati che in passato erano stati gestiti in convenzionale e quindi presentavano terreni molto compatti. Hanno iniziato con la vendita diretta ispirandosi all’agricoltura biologica per poi passare all’agricoltura biodinamica per dare la garanzia ai clienti che la terra lavorata non venisse depauperata. Oltre all’orto è stato attivato anche il pollaio che fornisce circa 3500 uova all’anno. L’obiettivo era di avere un paniere ampio di prodotti per dare un segnale del fatto che la loro terra potesse produrre gran parte degli alimenti necessari. Nel 2015 decidono di prendere in affitto un castagneto da frutto abbandonato da 11 anni dal quale sono prodotti marroni freschi e farina di castagne e nel 2016 prendono in affitto una vigna e un campo per il grano antico. “I nostri prodotti”, spiega Gabellini, “sono salubri, stagionali, profumati, digeribili e coltivati responsabilmente nel luogo dove vengono consumati”. I sovesci, i preparati biodinamici 500 e 501, il compost da cumulo con letame proveniente da un allevamento biologico hanno portato a grandi miglioramenti nell’equilibrio del terreno in poco tempo. La biodinamica ha portato al dimezzamento dell’utilizzo dell’assegnazione del gasolio, all’abbandono dell’aratro, ad una anticipata e più duratura entrata in tempera del terreno, ad una maggiore sapidità e conservabilità degli ortaggi, ad una maggiore stabilità della struttura del terreno, ad una riduzione sensibile delle patologie e ad un aumento della fauna tellurica in particolare lombrichi.
E poi il turno di Antonio Scioscia che si occupa della gestione dell’orto dell’azienda agricola Il Cerreto di Pomarance, una realtà di 350 ettari di cui circa 300 dedicati alla produzione con un prevalente indirizzo cerealicolo e leguminose. A Il Cerreto è presente di un bio agriturismo, un ristorante e un negozio oltre alla fase di trasformazione dei prodotti (che include anche un mulino) per uscire sul mercato con il prodotto, anche lavorato, pronto per essere messo sugli scaffali. È inoltre in atto la creazione di una stalla per bovini. L’orto del Cerreto è di circa 9 ettari, è suddiviso in parcelle di mezzo ettaro dedicate, a rotazione, alle culture primaverili e autunnali. Dopo il ciclo di allevamento di una coltura viene coltivato il sovescio. Gli ortaggi prodotti freschi o trasformati vengono venduti, oltre che nello spaccio aziendale, anche attraverso i negozi di EcorNaturasì e alti negozi del bio, oltre che all’estero. Una parte dell’orto, circa 2500 mq è coperto da serre per anticipare e allungare la stagione di alcune colture e dove viene praticata la pacciamatura con materiale biodegradabile in amido di mais o tessuto non tessuto per proteggere le piante da possibili gelate. Il preparato 501 viene regolarmente spruzzato sulle piante e tra le file vengono lasciate le erbe spontanee per dare rifugio agli insetti e cercare di ripristinare l’equilibrio che l’uomo ha rotto. “I ripara siti†chiamano questi insetti utili al Il Cerreto. Normalmente utilizzano la pratica della baulatura e tra i bauli sono inserite delle culture veloci come ravanelli, spinaci, cime di rapa, per ottimizzare gli spazi. Conclude Scioscia sottolineando l’importanza del testo di Steiner “Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’agricoltura. Corso sull’agricoltura†e dei tre principi per lui fondamentali della biodinamica: 1. la pianta è un ponte tra il cielo e la terra e il sovescio, per esempio, vivifica il terreno grazie alle piante che fanno quel collegamento. 2. la concimazione attraverso il cumulo di letame e pula per portare vitalità al terreno. 3. L’organismo agricolo conchiuso ma che deve anche essere aperto verso l’esterno.
Conclude il seminario Marco Serventi, segretario dell’Associazione e Ispettore Demeter, spiega che le aziende orticole sono di tre tipi: quelle con produzione marginale non specializzata per l’autoconsumo, per il mercato locale o per i GAS. Questa categoria è caratterizzata da una maggiore gestibilità , una rapidità nelle modifiche colturali e gestionali e nell’adattamento al mercato, un basso impatto sul mercato e richiedono investimenti minori. Il secondo tipo è quello delle aziende a produzione mista che sono caratterizzati da una buona gestibilità , da una buona rapidità nelle modifiche colturali e gestionali e nell’adattamento al mercato, un medio impatto sul mercato e richiedono investimenti medi. Infine le aziende specializzate nell’orticoltura che ha una gestibilità più complessa, una minore rapidità nelle modifiche colturali e gestionali e nell’adattamento al mercato e un alto impatto sul mercato. Serventi poi illustra la gestione della fertilità in un orto come prescritta dal disciplinare Demeter. Applicare il metodo biodinamico, sostiene Serventi, dà delle risposte oggettive. Compost animale (con la presenza di 0,2 UBA ettaro all’anno), 10% lasciato alla biodiversità , opportune rotazioni, scelta di semi e piantine di origine biodinamica o biologica (CMS free) portano fino al 6% di sostanza organica nel terreno dando al terreno una resilienza maggiore.
I soci interessati ad ascoltare l’intero seminario possono farlo richiedendo le credenziali all’indirizzo: info@biodinamica.org
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