Associazione Agricoltura Biodinamica Italiana
Resoconto seminario sull’Apicoltura

Resoconto seminario sull’Apicoltura

Sabato 15 maggio scorso si è tenuto il sesto seminario tematico dedicato all’Apicoltura del Corso di base di agricoltura biodinamica promosso dall’Associazione biodinamica in collaborazione con Agricolturabio.info nell’ambito del progetto Valbioagri. Il corso si rivolge agli agricoltori della Toscana e, gratuitamente, a tutti gli associati dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica. Di seguito è possibile leggere un sintetico resoconto dei lavori. Tutti i soci interessati a vedere l’intero seminario possono farlo richiedendo le credenziali all’indirizzo: info@biodinamica.org

Conduce Valentina Carlà Campa, agronoma e consigliere dell’Associazione agricoltura biodinamica che in apertura illustra il tema e il programma degli interventi.

Carlo Triarico, presidente dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica, inizia introducendo il tema dell’alveare e delle api sulle quali, afferma, c’è ancora molto da comprendere. Guardando le api e il funzionamento di un alveare ci possiamo rendere conto che questo essere è posizionato in alto nella scala evolutiva, anche più in alto rispetto all’essere umano. L’alveare si posiziona in alto e verso la luce e gli individui che lo compongono sono iper-specializzati e svolgono funzioni diverse. Le api, fatta eccezione della regina, sono incapaci di riprodursi. La regina con un solo incontro con il fuco produce migliaia di uova sufficienti a far vivere l’alveare per alcuni anni. Le api vivono in collegamento con la luce e il calore e non amano l’umidità. Le cellette esagonali assomigliano alla silice europea che ha una regolarità nella forma. L’ape è un animale estremamente evoluto ma scarsamente vitale, molto delicato e dedica la sua intera vita ad un compito. Triarico fa una disgressione sulla teoria dell’evoluzionismo da Goethe, a Lamarck, a Darwin, dal fissismo al determinismo alla selezione naturale, fino ad arrivare alla storia evolutiva dell’alveare. L’alveare è un essere, un organismo, e Steiner ne parla in termini di individualità collettiva. Triarico mette a confronto il lombrico, un essere metabolico, con l’ape, un essere sensoriale, l’uno polare all’altra nella scala evolutiva. L’ape è nutrizionale quando entra nell’alveare mentre è riproduttiva quando si trova all’esterno e svolge il ruolo di impollinazione, con un’azione fondamentale di fecondazione di piante della stessa specie situate lontane. Conclude parlando dell’approccio sistemico, di quello organicistico e della individualità, pensando ad una rete di aziende agricole biodinamiche che si strutturino come una individualità collettiva, come fa l’alveare.

Interviene poi Enrico Zagnoli, esperto apicoltore biodinamico e autore del libro “Una speranza per le api”, Agri Bio Edizioni. Zagnoli lavora con le api da 30 anni e racconta che l’uomo, dalla seconda metà dell’800, è riuscito a danneggiare l’organizzazione metafisica, sociale ed etologica delle famiglie delle api impattando sul sistema ritmico, su quello del ricambio e sul sistema nervoso di questi importantissimi animali. Spiega che è molto interessante visitare un alveare di notte, ma per non disturbare gli animali bisogna avere delle accortezze come per es. vestirsi di nero. Chi si approccia all’apicoltura, spiega Zagnoli, deve sapere che l’ape bottinatrice che esce dall’alveare verso il fiore, fonte d’amore, è una messaggera d’amore e quando rientra con il polline ha un rituale, una danza, che esegue prima di depositarlo nella apposita cella. Ma se il fiore contiene delle tracce di sostanze chimiche di sintesi l’ape fa ritorno all’alveare con dei pollini o dei nettari avvelenati. È invece fondamentale preservare la purezza dell’alveare, la purezza della cera e quella dell’areale di raccolta delle fonti nettarifere e pollinifere. Zagnoli si sofferma sull’importanza della purezza dell’areale di raccolta e sulla libertà dell’ape che è sia domestica che selvatica, perché se da una parte si lascia governare dall’uomo, dall’altra può sciamare e trasferirsi in un altro luogo. L’azienda agricola di Zagnoli ha una decina di postazioni per gli alveari localizzate solo in aziende biodinamiche per scongiurare problemi dovuti proprio alla non purezza dell’areale che deve essere lontano dalle fonti di inquinamento come aree industriali, strade e autostrade, antenne e tralicci. Il fuco ha una autonomia di volo di circa 13 Km mentre l’ape operaia bottinatrice può percorrere al massimo 3 km. Lo sciame invece può arrivare a spostarsi fino a 5 km. Ben venga quindi una agricoltura come quella biodinamica che cerca di recuperare le condizioni primigenie dell’ambiente evitando la iperspecializzazione e realizzando l’individualità agricola a ciclo chiuso. Zagnoli conclude parlando dell’importanza dei rapporti nell’allevamento delle api, mostrando le differenze tra la cera d’api, i fogli cerei e il favo naturale e condannando la pratica del taglio delle ali dell’ape regina per evitare che l’alveare sciami. E consiglia la lettura del libro “Api ed Alberi: progetti chiave per Waldorf” scaricabile a questo link : https://www.scuolasteineriana.org/associazione/wp-content/uploads/2019/09/BeesAndTrees.pdf

Interviene poi Roberto Zuccari dell’Azienda agricola Zuccari, apicoltore biologico vicino alla biodinamica della provincia di Arezzo. Zuccari racconta che la sua esperienza con le api inizia nel 1981 lavorando con le api maremmane, api molto piccole ma potenti, come nomadista e, per i primi due anni, ha potuto sperimentare cosa volesse dire lavorare con le api senza Varroa. Con l’avvento di questo parassita i cambiamenti sono stati molto importanti. Riuscirono a sconfiggere la Varroa grazie a prodotti che arrivavano dalla Romania. La sua azienda agricola arrivò ad avere fino a 1500 alveari e la conversione all’agricoltura biologica fu fatta per una motivazione economica visto che al miele biologico veniva riconosciuto sul mercato un prezzo più alto di almeno il 30%. Oggi la differenza si aggira attorno al 10-12%. Nel corso degli anni però Zuccari nota un cambiamento nelle fioriture, nelle risorse nettarifiche e nel rapporto che riesce a instaurare con le api e, nel 2006, decide di interrompere le attività e riprenderle con una nuova azienda, sempre in biologico, con un numero inferiore di alveari. Zuccari racconta come si è costruito il proprio “alveare” in Casentino con tutte materie prime reperibili nella zona, a un volo d’ape. Per Zuccari l’errore maggiore è stato quello di divedere l’apicoltura dall’agricoltura che invece dipendono strettamente l’una dall’altra. Ha quindi creato una fattoria con un frutteto, mele, pere, susine di antiche varietà casentinesi, mandorli e noccioli e ha in progetto di iniziare a coltivare piante officinali. Il tutto per aiutare le api a svilupparsi e, afferma, dedicarsi all’agricoltura ha portato un effettivo beneficio all’apicoltura. È tuttora un nomadista e sposta i propri alveari in tutta la Toscana ma, rispetto a prima, ha fatto una attenta selezione dei luoghi, prediligendo le aree al di sopra del 400 m sul livello dl mare. Conclude raccontando la difficile situazione che sta vivendo l’apicoltura negli ultimi anni.

È poi il turno di Stefano Farnetani dell’azienda agricola Golden Eyes con un intervento dal titolo “Le difficoltà delle api legate ai mutamenti climatici ed a un’agricoltura convenzionale esasperata da prodotti chimici nocivi e da macchinari inadeguati utilizzati”. Farnetani è stato ciclista professionista fino al 2000 e utilizzava i prodotti dell’alveare come miele, polline, propoli e pappa reale perché estremamente nutrienti e per mantenere una buona condizione fisica. Solo successivamente scopre che il miele e gli altri prodotti che gli venivano dati non erano di buona qualità e questo lo ha spinto, nel 2008, ad avvicinarsi all’apicoltura ed a iniziare a lavorare con gli alveari. Dal 2012 è questa la sua attività principale e ad oggi gestisce 350 alveari certificati biologici con produzione principalmente di polline e miele. Parlare di areali è particolarmente difficile in questo momento, afferma Farnetani, perché non ci sono tante aziende bio così grandi da avere la certezza che le api non arrivino in aziende contaminate. Un prodotto veramente puro è molto difficile da ottenere. Quando l’ape esce dall’alveare è impossibile controllarla e questo è un punto di debolezza dell’apicoltura. Oggi tenere in vita le api dentro un alveare è sempre più difficile e chi sta fuori da questo mondo, come gli agricoltori o come i consumatori, non si rende conto di quanto poco rispetto ci sia per le api. L’inquinamento ambientale, le tecniche di lavorazione dei convenzionali, ma anche da parte di alcuni biologici, lo sfruttamento eccessivo dei terreni, sono solo alcune delle cause dello spopolamento degli alveari. Farnetani parla poi della situazione in Valdichiana, dove le api bottinatrici rimangono schiacciate sui fiori di erba medica a causa dell’utilizzo dei nuovi macchinari per lo sfalcio. Se non viene trovata una soluzione, conclude Farnetani, il futuro del miele italiano è a rischio.

Segue un interessante dibattito tra Farnetani, Zuccari e Zagnoli sulla genetica e sulla selezione in base alla longevità delle api regine.

Conclude il seminario Marco Serventi, segretario dell’Associazione e Ispettore Demeter. Inizia parlando

di come sia emerso anche in questa sessione dedicata all’apicoltura che tutte le tematiche affrontate dal corso rappresentano organi dell’individualità agricola e che la frammentazione, il materialismo e la competizione imperanti ci allontanano dall’equilibrio dell’intero essere planetario. La strada che ognuno deve intraprendere è una trasformazione creativa del presente. Serventi spiega come l’Italia in seno a Demeter International rappresenti la punta più avanzata e più coerente del metodo biodinamico che è in divenire, in trasformazione continua. Legge un passo di Steiner in cui si afferma di come tutte le specie siano in reciproca relazione le une con le altre e non isolate. Illustra poi la normativa partendo dal DM 6793 del 18/7/2012 art.3 in cui si specifica che nella scelta della razza in apicoltura devono essere privilegiate le razze autoctone, passando agli articoli relativi all’apicoltura del Regolamento Europeo del Biologico in cui, per esempio, si specificano le caratteristiche degli areali, l’obbligo di cere biologiche, ecc. per poi illustrare nel dettaglio lo standard Demeter, i suoi principi di base, le regole sull’ubicazione delle arnie, i trattamenti interni, quelli esterni e la pulizia e disinfezione, la crescita della colonia e la selezione. Nel disciplinare Demeter viene specificato che l’allevamento artificiale della regina, l’inseminazione artificiale, l’utilizzo di api geneticamente modificate, il taglio delle ali alle api regina e la sostituzione sistematica della regina sono proibiti e che colonie con origine non certificata Demeter o biologica devono essere integrate senza favo. Anche gli esclusori della regina non sono permessi come metodo di gestione abitudinario, sono ammesse eccezioni solo durante il periodo di conversione. La cera utilizzata per i fogli cerei deve essere naturale e provenire da apicoltori Demeter e nel caso questi non fossero disponibili possono essere utilizzati favi o cera provenienti da apicoltori certificati biologici. Per l’alimentazione durante lo svernamento si può utilizzare miele e polline, che sono l’alimentazione naturale delle api e non è mai permesso l’utilizzo di cibo stimolante. Serventi illustra poi le regole relative all’estrazione e la conservazione del miele. Conclude spiegando le regole per la conversione.

I soci interessati ad ascoltare l’intero seminario possono farlo richiedendo le credenziali all’indirizzo: info@biodinamica.org

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