Il primo di una serie di articoli sulle aziende biodinamiche.
A cura di Lucy Milenkovic’
Dal bollettino bimestrale BIOdinamica distribuito gratuitamente ai soci dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica per i soci
Metà di settembre 2010: accompagno il professor Ton Baars, titolare della cattedra di biodinamica presso l’università di agricoltura ecologica a Kassel, a visitare l’azienda di Carlo Noro. Ton Baars aveva visto i preparati di Carlo in occasione della visita all’Agrilatina durante il convegno di biodinamica del 2009, ne era rimasto positivamente impressionato e voleva includerli nelle sperimentazioni che stava conducendo. L’anno prima aveva usato per la sua ricerca del cornoletame allestito in Germania che non era riuscito bene e i risultati erano stati insoddisfacenti.
Questa volta voleva usare del preparato ben trasformato. Inoltre, gli interessava il fatto che Carlo allestisse i preparati seguendo le indicazione di Podolinski. Anzi, Carlo è stato scelto da Podolinski stesso come allestitore ufficiale professionale dei preparati biodinamici in Italia nel lontano 1992. Dopo avere usato il cornoletame di Carlo nelle sue sperimentazioni, Baars era interessato a conoscere più da vicino il suo lavoro con i preparati.
Anch’io ero molto interessata a conoscere meglio questi famosi preparati che vengono usati da numerose aziende biodinamiche italiane. Innanzitutto ci colpisce l’indirizzo di Noro: Vallefredda. Il nome è un programma.
Per allestire i preparati è necessario potere contare sul gelo invernale nel terreno, per cui la scelta della terra da acquistare si è concentrata su questa vallata nella quale, pur essendo vicini a Roma, d’inverno arriva il gelo e cade la neve. Appena arrivati vediamo la casa, il negozio per la vendita e un altro edificio dove sono appese in alto diverse vesciche di cervo piene di achillea, vicino ci sono delle corna piene di cornosilice. Se prima potevamo avere dei dubbi, ora siamo certi di essere arrivati nel posto giusto. Poco più in là vediamo tunnel e file di ortaggi rigogliosi in pieno campo.
E, infatti: qui l’allestimento dei preparati è incluso in un’azienda orticola che produce circa 250 cassette di ortaggi a settimana, tutte vendute direttamente.
Nell’azienda non sono presenti animali, il carico di lavoro sarebbe eccessivo dato che si tratta di un’azienda orticola specializzata, quindi il letame necessario all’allestimento del cornoletame viene raccolto in un’altra azienda biodinamica a orientamento zootecnico. Si tratta dell’azienda agricola Boccea di Anna Federici a Roma che viene seguita da Carlo Noro per quanto riguarda la consulenza. A ottobre o novembre, a seconda dell’annata e in relazione alla ricrescita del pascolo, vengono raccolte direttamente sul campo le fatte che serviranno per l’allestimento del cornoletame. Un giorno prima l’alimentazione a base di erba delle vacche da carne di razza maremmana incrociata con limousine viene integrata con un po’ di fieno, in questo modo la forma delle fatte sarà migliore: piatta ma non troppo con un avvallamento al centro.
Per più giorni vengono raccolti circa 700 kg di fatte al giorno, i bidoni pieni vengono trasportati a Vallefredda e con esse vengono riempite le corna, ogni giorno circa 7000 corna. Famiglia e collaboratori collaborano a questo lavoro. Il riempimento delle corna viene effettuato con una macchina fabbricata appositamente da Gianni Montanari, artigiano meccanico di Reggio Emilia che dal ’98 costruisce dinamizzatori e attrezzature da spruzzo per i preparati.
Le corna vengono disposte a più strati con l’apertura rivolta verso il basso e leggermente inclinate in una buca profonda 1 metro e larga 5 situata nella zona reputata più fertile dell’azienda. Quando entriamo nell’edificio costruito da Noro stesso per il suo lavoro con i preparati restiamo tutti senza parole: davanti a noi c’è un immenso mucchio di corna: sono 40.000! E quest’anno ne arriveranno altre 10.000!
Nessuno di noi era preparato a questo spettacolo. Carlo ci dice che insieme a Montanari sta progettando una macchina che riduca in farina le corna troppo vecchie per potere essere riutilizzate. Questa farina diventerà un importante integratore nel cumulo di letame.
E poi: una fila di enormi casse di legno foderate di torba vengono aperte una dopo l’altra. Lui stesso ha costruito queste casse, lavorando legno e rame.Dentro c’è un contenitore di rame pieno a metà di cornoletame ben trasformato, umido, colloidale, inodore. Carlo ci dice che l’anno prima è stato un anno particolarmente favorevole all’allestimento del cornoletame, non tutti gli anni lo sono. Dopo tante domande e risposte passiamo in un altro locale: qui ci sono venti casse uguali in doppia fila in cui viene conservato il famoso cornoletame preparato allestito secondo le indicazioni di Podolinski.
Ton Baars vuole sapere tutti i particolari: il tubo di rame che viene messo al centro per aerare il cornoletame, l’inserimento dei preparati da cumulo, il rimescolamento della massa. Sorge una discussione a proposito della quantità di cornoletame da usare per ogni ettaro. Noro fa notare che nei testi tradotti di Podolinski c’è scritto 88 grammi, ma secondo lui c’è una precisazione da fare, essendo questa la quantità di preparato che viene usata per le aziende che lavorano ormai in mantenimento dopo anni di conversione. Secondo Noro la quantità ideale durante i primi anni di conversione dovrebbe essere di 1 kg/anno per ogni ettaro diviso in circa 4-5 distribuzioni in primavera e autunno, come per altro indicato dallo stesso Steiner durante le conferenze di Koberwitz (la quantità di un corno per circa 1200 metri quadrati).
Il nostro interesse viene poi catturato da alcuni grossi contenitori di vetro nei quali sono contenuti i fiori delle piante dei preparati da cumulo: anche in questo caso restiamo ammirati dalla precisione e dalla cura del lavoro. Per esempio, nei contenitori dell’achillea ci sono solo i fiori, senza neppure un pezzettino di stelo! Penso al grande lavoro manuale che ci sta dietro, anche in questo caso, oltre ai 4-5 collaboratori più o meno fissi, è tutta la famiglia a lavorare: moglie e figli che in parte hanno anche un altro lavoro. Una volta pronti, i preparati vengono ordinati dalle singole aziende biodinamiche a cui vengono tempestivamente spediti. Questa è la ragione per la quale molte aziende biodinamiche italiane non conservano i preparati in azienda ma li ordinano solo nel momento in cui ne hanno bisogno.
Questo, a mio avviso, è un peccato, perché tale pratica rende sempre meno personale il rapporto dell’agricoltore con i preparati. Sarebbe opportuno almeno occuparsi della loro conservazione. Durante la visita è presente Michele Lorenzetti, enologo e biologo che da anni lavora in stretta collaborazione con Carlo per lo sviluppo della viticoltura in biodinamica. Nel pomeriggio arrivano anche Matteo Giannattasio e l’amico Renzo Savini che durante il convegno di Sabaudia aveva gentilmente portato i relatori stranieri (tra cui Baars e moglie) a fare una visita esclusiva al parco di Ninfa. Dal campo la visita si sposta in casa – costruita dal Noro stesso con materiali naturali e forme organiche -, e i discorsi si spostano dalla pratica del lavoro quotidiano con i preparati alla ricerca effettuata presso l’università di Kassel da Ton Baars e dai suoi studenti.
Ma di questa parleremo con il professor Ton Baars stesso quando tornerà in Italia per illustrarcene i risultati. Un grazie di cuore a Carlo Noro e alla sua famiglia per la loro disponibilità e per l’enorme lavoro che portano avanti con tanta passione senza per questo trascurare l’agricoltura!